VIAGGIO NEGLI ALLEVAMENTI INTENSIVI
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Articolo:
troppa carne troppa fame
Citazioni famose e poesie
Articolo: E' giusto ignorare? (intervista)
Sito: Saicosamangi?
Dalla fabbrica alla forchetta
Articolo: cancro, la carne sul banco degli imputati
Sito:
domande frequenti sull'alimentazione vegana dal punto
di vista medico e salutistico
Documento
pdf: I vantaggi dell'alimentazione veg (punto di vista salutistico
e medico)
Articoli: Dossier SARS
Documento
pdf: La realtà degli allevamenti intensivi (descrizione particolareggiata)
Articolo: Meno mucche, più grano
Articolo: Viaggio negli allevamenti
intensivi
Articolo: Il morbo della mucca pazza: la
verità
Documento: Dossier influenza aviaria
F.A.Q: DOMANDE FREQUENTI SUL
VEGANISMO
DA LIBERO 8 MAGGIO 2003
Allevamenti intensivi, "culla" di virus e batteri
Le concentrazioni di animali e le scarse condizioni igieniche sono
terreno fertile per le epidemie.
Di Oscar Grazioli
Visto che abbiamo scritto del potenziale pericolo rappresentato dal
virus dell’influenza che sta mietendo milioni di vittime –
pennute per il momento – in Italia, Olanda e Belgio, cominciamo
questo viaggio negli allevamenti intensivi, di polli da carne, tacchini
e ovaiole, ovvero nel settore avicolo.
La cecità di una zootecnia che fa dell’intensivismo il
proprio fine non solo è moralmente inaccettabile per i disagi,
se non torture, causati agli animali, ma mette in serio pericolo la
nostra sopravvivenza.
Virus batteri e protozoi di solito hanno delle barriere di specie.
Questo vuol dire che il tal virus colpisce la tal specie e non l’altra.
Tutto questo vale fino a quando l’uomo non crea le condizioni
che consentono il "salto di barriera".
L’enorme concentrazione di animali in pochi chilometri quadrati,
una spinta produttiva che non ha confini e che implica l’uso
di genetiche distorte e di trattamenti antibiotici e ormonali, il
pullulare di agenti virali più o meno attenuati sotto forma
di vaccini, sono condizioni che favoriscono l’aggressività
degli agenti patogeni verso altre specie. Se poi questi organismi
trovano un’elevata concentrazione di uomini in scarse condizioni
igieniche, ecco creato il terreno fertile per le grandi epidemie.
Una gallina in natura, come sa ogni contadino, d’inverno
fa pochissime uova semplicemente perché la giornata è
corta e manca la luce che stimola l’organismo ad ovulare.
Oggi le galline ovaiole, stipate in allevamenti da cinque piani
di gabbie con una superficie inferiore al mezzo metro quadrato per
tre soggetti, arrivano a produrre quasi 300 uova in 356 giorni di
vita.
Immaginate un capannone di 60mila ovaiole dove la luce viene fornita
per 16/17 ore al giorno, dove bisogna avere un montacarichi per
andare a vedere cosa succede ai piani alti, dove gli animali devono
mangiare 118 grammi di mangime al giorno, dove tutto è perfettamente
programmato perché escano in una giornata 55mila uova, tutte
con lo stesso colore del guscio e del tuorlo. Le macchine da Formula
1 sono uno scherzo al confronto. Questi sono i veri bolidi: organismi
che il triangolo genetica, ambiente, alimentazione cerca di sostenere
allungando a dismisura i propri lati.
I rami troppo lunghi, però, si spezzano e nelle maglie di
queste macchine geneticamente sublimi per capacità riproduttiva
s’infilano piccoli esseri che fanno uscire di strada. I Mycoplasmi,
i batteri, i virus. Sapete quante vaccinazioni vengono effettuate
da quando un pulcino nasce fino a 120 giorni di vita, quando la
pollastra diventa gallina e produce il primo uovo? Venti più
o meno. Tre delle quali entro due ore da quando il pulcino ha abbandonato
l’uovo in incubatoio.
Se le galline piangono, i polli da carne all’ingrasso e i
tacchini non ridono. Anni fa un’azienda estera che forniva
tacchini sbagliò una linea genetica. I tacchini all’ingrasso
crescevano con incrementi ponderali eccezionali, con indici di conversione
che promettevano soldi a palate. Avevano dimenticato che per sopportare
certi pesi ci vuole uno scheletro adatto e un baricentro preciso.
I tacchini, oltre un certo peso, si sbilanciavano in avanti e le
zampe si piegavano fino a quando il volatile non si muoveva più.
Oggi riescono a muoversi (a gambe un po’ divaricate, come
cow boy) pur raggiungendo, i maschi i 20 chili di peso a poco più
di tre mesi d’età e con uno spazio equivalente a due
mattonelle a disposizione. I polli da carne (broiler) hanno subito
una spinta genetica analoga. Ormai si mandano alla macellazione
femmine di 35 giorni d’età (immaginate che carne squisita)
e maschi di 50 giorni del peso mostruoso di oltre tre chilogrammi
di carne.
Dove vogliamo arrivare signori? Alla macellazione del pulcino il
giorno dopo che è nato? Possibile forse, ma non mi auguro
di vedere quel giorno. Ho già visto abbastanza mostri.
DA LIBERO - 10 MAGGIO 2003
Più che mucche spugne da latte
Animali spremuti come macchine negli allevamenti intensivi di bovini
Di Oscar Grazioli
Il viaggio nella "follia zootecnica" continua con i bovini,
altro caposaldo dell'allevamento intensivo nel nostro paese.
Avete idea di quante volte partorisce una vacca allo stato naturale?
Almeno sette volte. Nell'allevamento intensivo dove la vacca da
latte ormai non è più bovino, ma un'unica immensa
spugna che si chiama mammella, il tasso di rimonta è del
30 per cento. Vi spiego in soldoni che cosa significa. Significa
che una vacca partorisce tre volte nella vita non di più.
Perchè? Semplice. L'esasperata produzione di latte non le
permette di partorire altre tre volte. Non ce la fa proprio. Dopo
tre parti è "spappolata", roba da macello. Il suo
patrimonio genetico è come una molla possente che la spinge
a produrre latte, e basta.
Oggi le vacche non sono più tutte legate alla catena come
una volta, ma non lasciatevi ingannare da questa cortesia umana.
Cento quintali di latte in dieci mesi sono circa 30-35 litri di
latte al giorno per 300 giorni. Se non è la Ferrari di Shumi
sarà la Renault di Alonso. Basta un piccolo trauma sulla
mammella o l'azione della mungitrice sui capezzoli usurati ed è
la mastite, ed è il macello, perchè la vacca è
la sua mammella. Le articolazioni sono talmente fragili che guai
a scivolare, non si alza più. Ed è il macello.
A sentire parlare di Afta, l'allevatore più mangiapreti
si fa il segno della croce. Una tragedia. Migliaia di vacche con
la febbre ed eruzioni sulla lingua. Il bianco latte che non sgorga
più da bestie che non possono mangiare per diversi giorni.
Abbattimenti di massa, piani d'emergenza. Nelle pampas argentine
il vaquero a sentire parlare di afta sorride. Arriva, fa star male,
fa morire qualche capo e poi se ne va come è arrivata. Poco
più che un'influenza in Islanda. Mai sentito che il popolo
islandese è a letto con l'influenza e le scuole sono chiuse?
Mai, almeno io.
L'afta fa paura a chi tiene milioni di mammelle concentrate in
capannoni, una di fianco all'altra, sperando che ogni giorno dalla
spugna esca più latte. Provate a pensare diversamente. Meno
latte, più spazio, più parti, più vitelli e
alla fine più carne senza ricorrere all'importazione di vitelloni.
Troppo facile.
L'abominio totale si raggiunge con la produzione di vitelli a carne
bianca. Negletti dai proprietari della madre (tanto, dopo una dozzina
di giorni vengono venduti, magari dalla Polonia all'Italia), non
assumono il colostro, ovvero il primo latte che gli donerebbe anticorpi
nei confronti delle malattie. Arrivano nei luoghi dove vengono ingrassati,
indeboliti e disidratati, per cui devono essere trattati subito
con antibiotici e reidratanti. Pesano 40 chilogrammi e devono arrivare
a 240 chili di peso con una carne bianca candida. Via il ferro allora,
ma senza ferro non si vive. Allora dategli un po' di ferro, ma poco,
il minimo e che sia poco assorbibile. Dategli da mangiare beveroni
di acqua e latte in polvere in uno spazio di 1,6 metri quadrati
per un vitello di 150 chili. Fortuna che hanno vietato le gabbie
dove venivano allevati singolarmente. Adesso vanno a gruppetti nei
box, ma non i primi 15 giorni, quando vengono legati con le catene
uno ad uno perchè altrimenti come si fa a controllare chi
ha mangiato due litri di beverone e chi mezzo litro?
Naturalmente, inutile dire che gli animali indeboliti dai viaggi,
dalla mancanza di colostro, da un'alimentazione innaturale per un
ruminante sono soggetti ad infezioni virali (Herpesvirus dell'IBR)
e batteriche (Pasteurelle, Bordetelle) che li portano spesso a morte.
E tutto questo per avere cosa? Carne dietetica? Il vitellino che
il pediatra indica alla mamma? Ormai è ampiamente dimostrato
che la carne di questi animali ha un contenuto di grassi e colesterolo
uguale a quello del tacchino e del pollo. In più talvolta
si trova la sorpresina di vedere lievitare le tettine dei propri
bambini. E allora? Il vero problema è che dobbiamo smaltire
le scorte eccessive di latte in polvere prodotto, a livello europeo,
dalle immense mammelle di cui sopra. Non mettetevi a ridere. C'è
solo da piangere.
DA LIBERO - 11 MAGGIO 2003
Suini in batteria, bombe biologiche
Allevati in spazi angusti, sviluppano malattie pericolose anche
per l'uomo
Di Oscar Grazioli
Siamo giunti alla fine del viaggio all'interno di quella che abbiamo
chiamato la "Follia della zootecnica".
Chi ha seguito l'inchiesta si è reso conto di quali "mostri"
zootecnici l'uomo abbia creato manipolando il triangolo della vita
animale: genetica, alimentazione, ambiente. Il tacchino da 21 chili
in 3 mesi e la vacca da 120 quintali da latte all'anno sono ormai
macchine, bolidi lanciati a folle velocità verso traguardi
sempre più eccitanti. Solo trent'anni fa una scrofa in allevamento
intensivo era in grado di produrre tredici suinetti all'anno. Oggi
siamo a ventidue ( i francesi, la cui grandeur è nota, vanno
fieri di arrivare a ventotto). Questo ha obbligato gli allevatori
ad un carico di animali per metro quadrato impensabile e a trovare
nuovi spazi dove collocare i neonati, quelli in svezzamento e quelli
all'ingrasso.
Naturalmente le scrofe devono avere sufficienti "rubinetti"
per alimentare questo ben di Dio. Se hanno meno di 14 tettine sono
fuori dal giro, non vengono iscritte al libro genealogico. Ma come
abbiamo già imparato, la natura non sta a guardare inerme.
Quando tutti gli ambienti sono stracolmi di suini e suinetti, che
sembrano una manna inviata dal cielo, arriva chi guasta la festa.
Accanto alle malattie tradizionali, già difficili da tenere
a bada, prendono posto patologie la cui natura è ancora da
determinare con certezza. La Pirs, il morbo blu., forse causato
da un Circovirus, forse no. Nessuno ancora lo sa di preciso, come
nessuno sa di preciso quali e quanti microrganismi siano alla base
della Sars. Ci difendiamo dietro sigle, acronimi, termini come "idiopatico"
(se sentite il termine toccate ferro, perchè vuol dire che
di quella malattia non si è ancora capito un bel niente).
Fatto sta che cominciano gli aborti nelle scrofe, mortalità
elevate nei suinetti, malattie che non rispondono a nessun antibiotico
e a nessun presidio medico.
Rispondono stranamente ad una sola manovra. Diminuire il carico
di animali. In altri termini, l'allevatore che possiede ambienti
più spaziosi, confortevoli e vi immette un minor numero di
animali vede scomparire morbi blu, Pirs e quant'altro senza alcuna
cura. Chi alleva i suinetti all'aperto con possibilità di
parchetto esterno vede i virus sparire misteriosamente. Magicamente
la produzione, che doveva diminuire, aumenta grazie al minor numero
di animali. Un paradosso? No, una semplice regola che si dovrebbe
insegnare a scuola, assieme all'alfabeto. Le grandi epidemie esplodono
là dove ci sono concentrazioni elevate di organismi e scarsi
livelli d'igiene. Poi si propagano in lembi sempre meno aggressivi,
man mano che il numero di vittime da colpire si dirada, per poi
fermarsi.
L'uomo è già sufficientemente impegnato a combattere
guerre su molteplici fronti, guerre che talvolta sembra ostinatamente
volere perdere. Nell'ultimo ponte festivo in Italia 230 persone
sono morte e 600 sono rimaste ferite in modo più o meno grave.
Grosso modo il bilancio della Sars, a livello mondiale. Non riusciamo
a fermare queste stragi e, contenti, ce ne andiamo a cercare altre,
giocando allegramente a poker con le regole della natura. Ricordiamoci
che il maiale, assieme al pollo (e al cavallo) è in grado
di ospitare il virus dell'influenza e costituisce uno dei grandi
reservoir dove questo poliedrico virus muta, cambia pochi atomi
della sua struttura, per trasformarsi in una piaga biblica che in
passato abbiamo chiamato Spagnola o Asiatica. Speriamo di non doverle
trovare un nome per il prossimo futuro.
La conclusione di questo viaggio non è la richiesta di invertire
la marcia. Sarebbe impossibile ed estremamente pericoloso. Quando
si viaggia su un'autostrada invertire la marcia è una follia.
E' sufficiente diminuire la velocità ed osservare le distanze
di sicurezza. Il benessere degli animali non è solo un problema
morale nei loro confronti. Se proprio vogliamo sovvertire qualsiasi
elementare regola che la natura ci insegna, nessuno lo può
impedire, come nessun uomo può impedire alla natura di cambiare
improvvisamente le regole del gioco trasformando un microrganismo
innocuo in un nemico mortale, dotato della forza di "saltare
l'ostacolo". E allora il gioco si fa duro e non diverte più.
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