F.A.Q. SUL VEGANISMO
Approfondimenti:
Articolo:
troppa carne troppa fame
Citazioni famose e poesie
Articolo: E' giusto ignorare? (intervista)
Sito: Saicosamangi?
Dalla fabbrica alla forchetta
Articolo: cancro, la carne sul banco degli imputati
Sito:
domande frequenti sull'alimentazione vegana dal punto
di vista medico e salutistico
Documento
pdf: I vantaggi dell'alimentazione veg (punto di vista salutistico
e medico)
Articoli: Dossier SARS
Documento
pdf: La realtà degli allevamenti intensivi (descrizione particolareggiata)
Articolo: Meno mucche, più grano
Articolo: Viaggio negli allevamenti
intensivi
Articolo: Il morbo della mucca pazza: la
verità
Documento: Dossier influenza aviaria
Perché diventare vegan
La ragione fondamentale per decidere di diventare vegan è il
rispetto per tutti gli animali. Chi segue questo stile di
vita considera gli animali non dei semplici oggetti, ma esseri sensibili
con un loro valore intrinseco, capaci di sensazioni e diemozioni.
Un vegan, quindi, evita di consumare prodotti di origine animale come
carne, uova, latticini, pelle, pellicce, lana, prodotti testati o
prodotti che ne contengono. Si rifiuta di tenere gli animali in gabbia,
di comprarli, di allevarli, non visita zoo o acquari, non va al circo,
non assiste a palii e feste che utilizzano animali. Evita tutto quello
che comporta la sofferenza e/o la morte per gli animali, è
quindi contrario alla caccia, alla pesca, alle corride, alla sperimentazione
sugli animali e a tutte le pratiche umane che prevedono l'uso e lo
sfruttamento degli animali non umani. Ogni anno miliardi di animali
sono trasformati in prodotti alimentari e questo comporta per loro
una esistenza fatta solo di sofferenze, una esistenza che somiglia
molto più ad una lunga morte che ad una seppur breve vita.Chi
compie la scelta vegan rifiuta di essere causa di tutto ciò.
E la salute?
I dati epidemiologici parlano chiaro: i vegan godono di salute migliore
rispetto agli onnivori (Barnard et al., 1995; Chang-Claude et
al., 1992; Kahn, et al., 1984; McMichael, 1992; Messina e Burke, 1997;
Thorogood et al., 1992). In particolare la dieta che elimina
(completamente) i cibi animali è in grado di ridurre considerevolmente
l'incidenza di numerose patologie, in primo luogo quelle cardiache
e tumorali che sono le prime cause di morte nei paesi industrializzati
e le più difficili da curare. I vegan si ammalano meno di tumore,
ipertensione, infarto, ictus, diabete, obesità, osteoporosi,
calcoli.
E la possibilità di nutrire tutti?
Se diventassimo tutti vegan si potrebbero coltivare i vegetali necessari
a soddisfare le esigenze alimentari di tutta la popolazione
della Terra.
Essere vegan vuol dire anche contribuire a combattere la fame nel
mondo.
Il perché è molto semplice: la produzione di alimenti
animali necessitano di quantità molto elevate di prodotti vegetali
da destinare all'alimentazione degli animali allevati. Se tali prodotti
vegetali fossero direttamente destinati al consumo umano si potrebbero
nutrire molte più persone. Il cibo vegetale con cui sono nutriti
gli animali viene trasformato in "cibo animale" (carne,
latte, uova) per gli umani. Tuttavia durante il processo di trasformazione
si ha una notevole perdita delle proteine e dell'energia contenute
nei vegetali dato che parte dei nutrienti vegetali serviranno semplicemente
a sostenere il metabolismo degli animali e a produrre anche tessuti
non commestibili. Destinando un ettaro di terra all'allevamento bovino
otterremmo in un anno 66 chilogrammi di proteine. Invece, destinando
lo stesso terreno alla coltivazione della soia otterremmo nello stesso
tempo 1848 chilogrammi di proteine, cioè 28 volte di più
(Lorenzi, 1998; OCSE, 1982).
E l'ecologia?
Non ci sono dubbi: la produzione di alimenti vegetali è
molto più ecologica della produzione di carne, latte, uova.
Essere vegan vuol dire anche contribuire a non distruggere il pianeta
Terra.
Se è necessaria meno terra per sfamare un vegan rispetto ad
un onnivoro è chiaro che l'impatto ambientale di miliardi di
esseri umani che mangiano carne sarà nettamente superiore rispetto
ad un'umanità vegan perché non dovranno essere abbattute
le foreste per lasciare spazio ai pascoli, si dovrà utilizzare
meno energia sotto forma di combustibili fossili per coltivare i campi
(e questo a sua volta ridurrà l'emissione di gas che provocano
effetto serra), meno pesticidi e meno fertilizzanti (entrambi prodotti
estremamente inquinanti). Alcuni dati possono confermare quanto sopra:
nella foresta dell'Amazzonia l'88% dei terreni disboscati è
adibito a pascolo (WWF Report, 1997), quasi il 70% delle
zone disboscate del Costa Rica e del Panama sono state trasformate
in pascoli (Caulfield, 1985), a partire dal 1960 oltre un
quarto delle foreste del centro America sono state abbattute per ottenere
spazio per gli allevamenti (Caulfield, 1985); per ottenere un chilogrammo
di farina è necessario utilizzare circa 22 grammi di petrolio,
per produrre un chilogrammo di carne è necessario impiegare
193 grammi di petrolio: quasi nove volte tanto (OCSE, 1982),
tant'è vero che secondo Ernst U. Weizäcker del Wuppertal
Institute for Climate, Environment and Energy, il contributo all'effetto
serra dato dagli allevamenti è circa pari a quello dato dalla
totalità del traffico degli autoveicoli nel mondo (Weizäckher,1992).
Inoltre, ogni anno in Italia l'inquinamento che viene direttamente
dagli allevamenti genera circa cento milioni di quintali di deiezioni
animali. Le deiezioni sono caratterizzate da una alto contenuto di
metalli pesanti, quali zinco e rame, che sono somministrati artificialmente
agli animali e che possono raggiungere nel terreno concentrazioni
notevoli, al limite della fitotossicità; inoltre sono causa
di una vera e propria "fecalizzazione ambientale" delle
falde acquifere, sempre più contaminate da nitrati e nitriti
(Marchesini, 1996). Oltre al contenuto organico e al contenuto
di metalli pesanti degli escrementi animali esiste il problema dei
residui dei farmaci somministrati agli animali (soprattutto antibiotici
ed ormoni) (Marchesini, 1996).
A cosa dice NO un vegan?
Un vegan dice no a tutto ciò che significa sfruttamento
e sofferenza degli animali: fra l'altro dice no a carne,
pesce, uova, latticini, miele, pelle, seta, piume, lana. La quasi
totalità della carne che gli uomini mangiano deriva da animali
cresciuti in allevamenti intensivi, rinchiusi in ambienti incompatibili
con le loro esigenze fisiologiche, privati di qualunque libertà
di movimento, alimentati al solo fine di produrre il massimo nel più
breve tempo possibile e infine uccisi sistematicamente e senza pietà
in quelle macabre "catene di smontaggio" che sono i macelli.
La morte degli animali d'allevamento è preceduta dal trasporto
lungo ed estenuante verso il mattatoio. Stipati nei camion, senza
potersi muovere, senza poter bere o mangiare, gli animali arrivano
al macello in gravi condizioni di stress, spesso così debilitati
da non riuscire nemmeno ad alzarsi.
Un vegano in pratica dice no a tutte le attività umane che
prevedano in qualsiasi modo l'uso, lo sfruttamento, l'uccisione di
animali.
Perché NO al latte?
Nonostante la credenza comune, le mucche, e anche i vitellini,
vengono uccisi nel ciclo produttivo del latte e dei suoi derivati.
Se le mucche fossero libere vivrebbero venti o più anni, negli
allevamenti invece vengono macellate a tre/cinque anni quando iniziano
a produrre meno latte; i loro vitellini sono destinati al macello
a poche settimane di vita (carne di vitella) o fatti ingrassare e
macellati dopo circa due anni (carne di manzo). Il latte viene prodotto
da mucche inseminate artificialmente, se non fossero ingravidate e
quindi non mettessero al mondo i vitelli destinati al macello, non
produrrebbero latte (Bittante et al., 1993). Inevitabilmente,
chi consuma latte e/o i suoi derivati, incentiva la produzione di
carne. Le mucche sono geneticamente selezionate per produrre quanto
più latte possibile, sebbene questo induca negli animali delle
tare genetiche che sono causa di immani sofferenze per tutta la loro
vita. I vitelli vengono strappati a poche ore dalla nascita alle loro
madri perché non ne bevano il latte. Quelli destinati a produrre
"carne di vitella"(bianca e tenera come la richiedono i
consumatori) sono spesso isolati e imprigionati in box, e alimentati
con una dieta che li rende anemici. Per questi motivi i vegan rifiutano
il latte e i derivati. Non importa sapere se il formaggio possa contenere
o no caglio animale (preso dallo stomaco dei vitelli macellati): anche
senza caglio animale il formaggio deriva dallo sfruttamento e dalla
morte degli animali che servono al suo ciclo produttivo.
Perché NO alle uova?
Nonostante la credenza comune, le galline, e anche i pulcini
maschi, vengono uccisi nel ciclo produttivo delle uova. Le
galline libere vivrebbero circa quindici anni, mentre negli allevamenti
(nei capannoni ma anche all'aperto) vengono sgozzate a circa due anni,
per diventare carne di seconda scelta, non appena la loro produttività
diminuisce sotto un livello fissato dall'allevatore. Inevitabilmente,
chi consuma le uova, incentiva la produzione di carne. Appena nati
i pulcini vengono separati: i maschi vengono avviati all'allevamento
di polli da carne o buttati vivi in un tritacarne per diventare mangime
o ancora vengono uccisi soffocandoli con del gas., Le femmine invece
sono avviate alla produzione di uova (Bittante et al., 1993).
Le uova finiranno sul mercato o serviranno a far nascere altri pulcini.
A tutti viene tagliato il becco, senza anestesia, per evitare che
si feriscano a morte.
Perché NO al pesce?
La morte dei pesci, sia di allevamento che pescati nei mari,
avviene sempre per soffocamento: una sofferenza lunga e atroce.
Solo perché si tratta di una sofferenza silenziosa non viene
tenuta in nessuna considerazione, al punto che passare del tempo in
compagnia di pesci agonizzanti è considerato un'attività
piacevole e rilassante. La carne del pesce non è poi così
sana come viene pubblicizzato. I nutrienti potenzialmente utili che
il pesce fornisce a chi lo consuma sono essenzialmente proteine e
ferro, contenuti entrambi in quantità adeguate in una dieta
vegan (Craig, 1994; Messina e Burke, 1997). Mentre qualcuno
afferma che alcuni acidi grassi della famiglia degli omega-3 (il DHA
e l'EPA), contenuti soprattutto nel pesce, ridurrebbero l'incidenza
di malattie cardiovascolari, altri studi hanno rilevato che chi mangia
spesso pesce ha una maggiore incidenza di patologie cardiache (Ascherio
et al.,1995) o, comunque, che il pesce non ha effetti protettivi
(Mann et al.,1997). è ampiamente dimostrato che nei
vegan l'incidenza di queste patologie è decisamente inferiore
rispetto agli onnivori (Messina e Burke, 1997) e i cibi vegetali
(in particolare l'olio di lino, le noci, il germe di grano, la soia
e suoi derivati) contengono un tipo di acido grasso della famiglia
degli omega-3 (l'acido alfa-linolenico) che l'organismo umano è
in grado di convertire in DHA ed EPA (Davis, 1998). Inoltre
il pesce contiene anche altri grassi saturi (molto ridotti nei cibi
vegetali) e colesterolo (del tutto assente nei prodotti vegetali),
sostanze che sicuramente aumentano l'incidenza di patologie cardiovascolari.
Infatti la dieta elaborata dal medico statunitense Dean Ornish, l'unica
in grado di apportare, senza l'uso di farmaci, sostanziali miglioramenti
nelle persone affette da malattie cardiovascolari, è praticamente
vegan e non prevede il pesce (né, ovviamente, la carne) (Ornish
et al., 1990). Un altro problema è l'elevato contenuto
di inquinanti tossici del pesce che è tra le prime cause dell'esposizione
umana alla diossina, come evidenziato da Environmental Protection
Agency (1994) e al mercurio, come riportato da Mahaffy e Rice (1997),
sostanze che ne rendono sconsigliabile il consumo per via dei loro
accertati effetti cancerogeni e neurotossici, specie per i bambini.
A conferma di ciò uno studio giapponese ha dimostrato un aumento
dell'incidenza di cancro e patologie neurologiche nei consumatori
di pesce (Acta Pathologica Japonica, 1982). La dieta migliore
per limitare al massimo l'assunzione di queste sostanze tossiche è
quella vegan (Hall, 1992). Inoltre gli allevamenti di pesci
non sono una soluzione ecologicamente ed economicamente valida perché
gran parte dei pesci allevati sono alimentati con farine proteiche
spesso ottenute triturando altri pesci "di scarto" (Safina,
1995) pescati a maggiori profondità. Questo non fa che
aumentare lo sfruttamento dei mari dato che viene favorito il mercato
dei pesci meno pregiati, contribuendo così a danneggiare gli
ecosistemi marini anche a maggiori profondità. Inoltre gli
allevamenti ittici sono altamente inquinanti (per via delle grosse
quantità di liquami prodotti -fino ad una tonnellata di rifiuti
solidi per ogni tonnellata di pesce prodotta- e dei farmaci utilizzati)
(McGinnn, 1998), necessitano di ampi spazi lungo le coste
o di enormi quantità di acqua dolce.
Perché NO al miele?
Alcuni sostengono che le api, a differenza di altri animali, vivono
in libertà e non vengono uccise per la produzione del miele.
In realtà il miele soprattutto quello industriale (la
maggior parte di quello in commercio) viene prodotto in maniera alquanto
crudele. E a causa dell'apicoltura muoiono molte api. Per
questo i vegan non mangiano miele né utilizzano i prodotti
degli alveari. Il miele è il "vomito" dell'ape: ingoiato
il nettare, essa lo rigetta e vi aggiunge enzimi mescolandolo con
le proprie secrezioni digestive. La mistura viene poi rigurgitata,
per essere ulteriormente digerita da altre api. Non contiene sostanze
nutritive rilevanti per l'alimentazione umana. L'Apis mellifera possiede
un sistema nervoso sviluppato (Snodgrass, 1956) e quindi
la capacità di provare dolore. L'industria sfrutta e uccide
le api per sottrargli miele, propoli, cera e le sottopone a manipolazioni
continue, regimi alimentari forzati e innaturali, inseminazione artificiale
e vivisezione. Gli apicoltori non si limitano a sottrarre alle api
il miele prodotto in eccesso; al contrario, spesso si estrae tutto
quello immagazzinato nel periodo estivo e si nutrono le colonie con
sciroppo di zucchero per tutto l'inverno (Tew, 1996). Non
essendo esso l'equivalente adeguato della dieta naturale, espone le
api a diverse malattie e quindi abbassa la loro durata di vita. Per
questo motivo, allo zucchero vengono spesso aggiunti diversi antibiotici
(tetraciclina, terramicina) che espongono le colonie selvatiche ad
un maggior rischio di epidemie. Per evitare che la colonia consumi
il miele immagazzinato prima dell'inverno, che può superare
i 25 chilogrammi, gli apicoltori distruggono gli alveari e acquistano
una nuova colonia a fine inverno (Shimanuki e Sheppard, 1992).
Fra i metodi che vengono usati per intervenire negli alveari possiamo
citare scuotimento, getti d'aria, infumicazione, surriscaldamento.
Per confinare le api lontano dall'area nella quale hanno raccolto
il miele, vengono usate apposite trappole. Nel processo di verifica
delle condizioni dell'alveare e di estrazione del miele, anche il
più attento degli apicoltori non potrà fare a meno di
calpestare e uccidere un buon numero di api. Le regine vengono soppresse
ogni due anni (in natura vivono fino a cinque), quando la loro capacità
di deporre uova declina, rendendone il mantenimento economicamente
svantaggioso. La loro inseminazione artificiale provoca la morte del
maschio; il metodo più diffuso per ottenere lo sperma, infatti,
consiste nella decapitazione del maschio (quando la testa viene staccata,
il sistema nervoso centrale riceve un impulso elettrico, che provoca
eccitazione sessuale). A volte, testa e torace del maschio vengono
schiacciati per provocare l'uscita dell'endofallo. Lo sperma di diversi
esemplari viene raccolto e l'inseminazione della regina, anestetizzata
con ossido di carbonio, avviene all'interno di un apposito contenitore
tubolare. Per aprire la vagina ed iniettarvi il seme, vengono adoperati
microscopici uncini.
Così come non consumano il miele i vegan non utilizzano nessun
altro prodotto ricavato dalle api:
- cera: la secrezione con la quale le api costruiscono
gli alveari viene usato nella produzione di cosmetici, farmaci, vernici,
candele e alcuni tipi di carta;
- veleno: per raccoglierlo viene stesa una membrana
elettrificata di fronte all'alveare che dà una scossa alla
quale le api reagiscono, pungendola (e così morendo); il veleno
che depositano viene commercializzato per le sue indimostrate virtù
curative;
- polline: questa sostanza può risultare più
nutriente di altri cibi soltanto se ingerito in quantità dell'ordine
di qualche chilo;
- pappa reale: la pappa reale costituisce la sola
fonte di sostentamento dell'ape regina e ciò che le permette
di diventare tale. Rispetto a 500 milligrammi di pappa reale, 30 grammi
di fiocchi di mais contengono 30 volte più tiamina e riboflavina,
90 volte più niacina e circa 400 volte più acido folico;
non esiste seria ricerca medica che abbia dimostrato effetti terapeutici
nel consumo di pappa reale (Schmidt e Buchmann, 1992);
- propoli: questa resina che le api raccolgono dagli
alberi viene da loro usata per tappare i buchi dell'alveare. Per le
api è anche un antibiotico, un antivirale e un funghicida naturale,
per gli umani viene adoperato per le infezioni gengivali e mal di
gola o come integratore alimentare.
Si può ovviare comprando uova, latte e carne
dal contadino?
C'è chi pensa che i contadini non provochino sofferenze agli
animali che allevano e quindi che il consumo di uova, latte e carne
del contadino siano tollerabili. Ma quasi sempre questo preconcetto
non corrisponde alla realtà. Spesso i contadini, abituati
da sempre ad uccidere i loro animali, trattano questi senza molti
scrupoli e a volte l'uccisione dei maiali, conigli, polli... in barba
alla legge, avviene all'interno delle mura domestiche senza anestesia.
E i prodotti biologici?
Il termine "biologico" indica solamente un tipo di agricoltura
praticata senza l'uso di sostanze chimiche; non costituisce
una garanzia né per vegan né per animali. Chi
compra le uova biologiche contribuisce comunque all'uccisione dei
maschi (polli) e delle galline ovaiole quando non sono più
produttive. Agli animali poco importa se vengono ospitati in una fattoria
di prodotti biologici se i "prodotti" sono loro stessi.
Anche in una fattoria biologica esiste lo sfruttamento e l'uccisione
degli animali. Sarebbe impensabile mantenere a vita tutti i vitelli
nati dalle mucche per avviare la produzione del latte. I vitelli occuperebbero
una quantità di terreno enorme e "sfrutterebbero"
il suolo per la durata di tutta la loro vita. Quanto verrebbe a costare
il latte prodotto così? Non c'è scampo: bere latte (anche
biologico) significa mandare i vitelli al macello.
Cosa mangiate?
Mangiare vegan non è particolarmente difficile o laborioso.
La tavola, eliminati i prodotti animali, si arricchisce e riscopre
gusti da tutto il mondo. La nostra cucina mediterranea è un
ottimo punto di partenza per una dieta vegan e a questa si affiancano
prodotti presi dal resto del mondo e utilizzati da millenni come ad
esempio la soia. Si scopre che il pane può variare ogni giorno
se realizzato con cereali diversi (grano, farro, orzo). Ai nostri
legumi (ceci, fagioli, lenticchie) si affiancano altri come gli azuki.
I sapori del mare li prendiamo dalle alghe. La frutta e la verdura
è da sempre sulle nostre tavole e la scegliamo di stagione.
E accoppiare i legumi con i cereali non è una novità
per ottenere pasti completi, anche se non è indispensabile
abbinarli nello stesso pasto. Dal grano prendiamo il glutine (la parte
proteica) che diventa il seitan. Le ricette contengono solo prodotti
vegetali sono meno caloriche, con meno grassi, e senza colesterolo.
Ecco alcune indicazioni utili per per facilitare il passaggio ad una
alimentazione vegan:
- affettato: Topas Wheaty, (vegetale) prodotto dalla
ditta tedesca Gaiser, ottimo per panini a prova di golosi;
- besciamella: la realizziamo con farina, margarina
e latte di soia o di riso;
- budini: ottimi con latte di soia o di riso;
- burro: lo sostituiamo con la margarina (controllando
bene l'etichetta: alcune contengono grassi animali);
- carne: le ricette per la carne le utilizziamo per
cucinare il seitan. Si presta benissimo per ricette del tipo spezzatino,
scaloppine, o impanato (con farina di ceci e/o pan grattato) alla
milanese. è ottimo, come il granulare di soia, per preparare
ragù;
- cioccolata calda: la possiamo preparare con cacao,
ad esempio Ciobar e latte di riso;
- cioccolato: fondente cotolette: quelle surgelate
di La tavola di zio Elio sono a base di soia e verdure, buonissime
e arricchite con vitamine e minerali (come ferro e B12). crema di
cioccolato (tipo nutella): quella della Valsoia è buonissima;
- dado: vegetale come quello della Rapunzel;
- formaggio: veri e propri sostituti non ce ne sono.
Ci sono comunque diversi modi per sostituire ricotta, mozzarella a
dadini ecc. nella preparazione dei piatti utilizzando ad esempio panetti
di tofu alla griglia o affumicato.Tra le creme spalmabili è
notevole la Tofutti. Molti vegan, al posto del parmigiano grattugiato,
spolverano sulle loro pietanze un po'ò di lievito di birra
in scaglie;
- gelato: nelle gelaterie artigianali è sempre
più presente il gelato a base di soia nei gusti classici (crema,
cioccolato, caffè, nocciola) e molti gelati alla frutta sono
realizzati senza latte e uova; nei supermercati è possibile
trovare il gelato della Bioene;
- gianduiotti: quelli prodotti da Pernigotti, Coop
e Esselunga sono vegan;
- lasagne, pappardelle, tagliatelle: ad esempio quelle
secche della Del Verde e De Cecco sono vegan;
- latte: quello di soia come Provamel Soya Drink
o Plus con calcio e Valsoia con calcio o di riso;
- mayonese: ci sono maionese vegan buonissime come
la Majo senza uova della Bruno Fisher;
- pan carrè: molti contengono strutto ma ad
esempio quello bianco della Esselunga e Mulino Bianco sono vegan;
- panna da cucina: Soya Cuisine, della Provamel,
è vegan ed è ottima;
- pasta fresca: ad esempio fusilli, le trofie e le
orecchiette della Buitoni Fresco sono vegan;
- pasta sfoglia: la maggior parte delle paste sfoglie
e il Fillo greco sono vegan;
- patè: in commercio ne esistono di buonissimi
come i patè Tartex (confezionate in tubi, a base di patate,
lievito e spezie...), Crema di tofu alle Erbe prodotta da La fonte
della Vita, salsa tahin-arame prodotta da La finestra sul Cielo. Si
possono preparare diverse creme a base di legumi e/o lievito di birra
e tofu;
- polpette: quelle surgelate di Bioene a base di
soia e seitan e verdure, buonissime e arricchite con vitamine e minerali;
yogurt: 100% vegetali a base di soia sono Bifisoy, Feelgood e Provamel,
assolutamente da provare;
Ma come fate ad ottenere una dieta bilanciata?
Nella dieta vegan, come in ogni dieta, bisogna scegliere gli alimenti
che forniscono il giusto apporto di proteine, vitamine e minerali.
L'unico integratore che bisogna prendere è la vitamina B12.
è un fatto che mangiare prodotti animali significhi causare
una immane quantità di sofferenza a miliardi di esseri senzienti.
Non crediamo che questa sofferenza possa essere giustificata solo
dal "vantaggio" per gli uomini di non dover mangiare del
lievito di birra o bere del latte di soia fortificato. Comunque eventuali
carenze dovute ad una alimentazione vegana non bilanciata sono facilmente
curabili modificando leggermente la propria dieta o al limite con
degli integratori, diversamente dalle patologie degenerative causate
dalla alimentazione carnea, contro le quali la medicina moderna può
ben poco.
Proteine
Spesso si sente affermare che le proteine animali sono "proteine
nobili" diversamente da quelle contenute dei vegetali. In realtà
questa affermazione ha ben poca rilevanza. Infatti le proteine sono
costituite da aminoacidi alcuni dei quali possono essere sintetizzati
dall'organismo umano mentre altri (gli aminoacidi essenziali) devono
necessariamente essere introdotti con l'alimentazione. Le proteine
contenute nei cibi animali contengono da sole tutti questi aminoacidi
nelle giuste proporzioni, mentre è necessario assumere diversi
cibi vegetali per ottenere le giuste proporzioni di questi aminoacidi.
Chiunque mangi nell'arco della giornata dei cereali (pane, pasta,
riso, ecc.) e, nello stesso pasto o in pasti diversi, dei legumi
(come i fagioli, le lenticchie, le ceci, ecc.) ottiene tutti gli
aminoacidi necessari nelle giuste quantità e proporzioni
(Messina e Burke, 1997; Young, 1991). In sintesi è
il corretto apporto di aminoacidi ad essere indispensabile, e l'alimentazione
vegana soddisfa pienamente questa esigenza (Abdulla, M. et al.,
1981, Rana e Sanders, 1986; Roshanai e Sanders, 1984).
Minerali
- calcio: buone fonti vegetali di calcio sono il
tofu (se preparato usando il solfato di calcio arriva a contenere
più di quattro volte il calcio contenuto nel latte bovino),
le verdure dalle foglie verdi, noci e semi, alghe marine, il crescione
d'acqua, cavoli, rapa, broccoli, semi di sesamo tostati, fichi secchi,
fagioli e ceci. Buone quantità di calcio possono anche essere
assorbite da determinati tipi di acqua. cromo: tutti i cereali integrali.
- ferro: il ferro è presente in abbondanti
quantità in tutti i legumi (ceci, fagioli, soia), nel cavolo,
nei broccoli (e in generale in tutte le crucifere), nei cereali
integrali e nella frutta secca (fichi e albicocche). L'assunzione
del ferro aumenta se abbinati a cibi ad alto contenuto di vitamina
C (peperoni, agrumi, kiwi, broccoli). Questo significa semplicemente
mangiare frutta alla fine del pasto oppure bere durante o alla fine
del pasto dei succhi di agrumi per massimizzare l'assimilazione
del ferro. Vino rosso, cioccolato, caffè e tè, invece
riducono l'assimilabilità del ferro e pertanto è preferibile
assumerli lontano dai pasti. Anche i latticini possono considerevolmente
ridurre (tra il 30% e il 50%) l'assimilazione del ferro vegetale,
per via del loro alto contenuto di calcio (Gleerup et al.,1995).
La dieta vegana quindi è migliore rispetto alla vegetariana
per quello che riguarda l'assunzione del ferro.
- fosforo: tutti i vegetali, cereali, lievito.
iodio: sale iodato e alghe (Laminaria digitata o Kombu, la Llaminaria
japonica, la Alaria esculenta e la Palmaria palmata) (Indergaard
e Minsaas, 1991) ci garantiscono l'assunzione dello iodio anche
se in genere è sufficiente per le esigenze del nostro corpo
quello contenuto nei vegetali.
- magnesio: tofu, tutti i legumi, tutti i cereali,
banane, arance, cavolo.
- manganese: germe di grano, cereali (specie se
integrali), spinaci, tempeh.
- molibdeno: legumi e cereali (specie se integrali).
- potassio: asparagi, patate, avocado, papaia,
pomodoro, cavolo, melone, legumi.
- rame: tutti i legumi, tempeh, tahini, noci e
frutta secca, orzo.
- selenio: cereali (specie se integrali) e legumi.
- sodio: tutti i vegetali e sale da cucina.
- zinco: con ceci, lenticchie, fagioli Azuki, germe
di grano, nocciole, pistacchi, semi di zucca copriamo il fabbisogno
di zinco (troppa soia per via del suo alto contenuto in fitati ne
inibisce l'assimilazione).
Vitamine
- vitamina A carote, patate, pomodori, zucche,
spinaci, mango, papaia.
- vitamina B1 (tiamina): tutti i cereali specie
se integrali, lievito alimentare, legumi, germe di grano, arance,
ananas, melone, semi di sesamo e di girasole.
- vitamina B2 (riboflavina): tutti i cereali specie
se integrali, alghe, spinaci, patate, funghi, mandorle, banane.
- vitamina B6 (piridossina): tutti i cereali specie
se integrali, patate, pomodori, avocado, banane, meloni, arance.
- vitamina B12 introduciamo nell'alimentazione
una fonte affidabile di vitamina B12. Con latte di soia o cereali
addizionati o semplicemente con integratori: ottimi quelli della
Nature's Plus, Mega B-150.
- vitamina C (acido ascorbico): papaia, tutti gli
agrumi, fragole, broccoli, peperoni, cavolfiore.
- vitamina D viene prodotta dalla pelle quando
è esposta alla luce del sole (una esposizione giornaliera
al sole di braccia e volto per una media di 15 minuti è più
che sufficiente) o con cibi arricchiti.
- vitamina E patate, mango, avocado, mandorle,
nocciole, arachidi, semi di girasole.
- vitamina K presente in abbondanza in tutti i
vegetali a foglia verde (in particolare nel cavolo e lattuga).
Altro
- acido folico: presente in abbondanza in tutti
i vegetali (in particolare broccoli, asparagi, legumi, arance).
- acido pantotenico: presente in abbondanza tutti
i vegetali. biotina: legumi (soia soprattutto), cereali, mandorle,
spinaci, funghi niacina: tutti i cereali, funghi, patate, avocado,
tempeh, noccioline.
- omega-3: l'olio di lino ci fornisce l'Omega-3.
E' sufficiente meno di un cucchiaio al giorno (da usare rigorosamente
crudo, ad esempio sull'insalata) per ottenere una quantità
più che adeguata di omega-3 (2-3 grammi) (Armstrong e
Doll, 1975).
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