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GARDALAND
MONDO DI DIVERTIMENTO O DI MALTRATTAMENTO?


Approfondimenti:
Articolo: testo integrale del notiziario QT n° 12 del 16.6.2001
Articolo: Delfini: gli imputati pagano per non affrontare il dibattito
Articolo: Nel Palablu di Gardaland decessi a catena
Articolo: Gardaland: solo una multa per i 3 delfini morti. LAV "Chiudete i delfinari"
Articolo: I delfini in cattivita'
Documento: Reportage delfinari in Italia della LAV (pdf)



Nel Palablu di Gardaland decessi a catena

Non si uccidono così anche i delfini
Prima Romeo. Poi Violetta. Poi Hector. Ora sta male anche Amado. Muoiono per lo stress. Da superlavoro

fonte: L'Espresso - 29 giugno 2000

Non si uccidono così anche i delfini
Prima Romeo. Poi Violetta. Poi Hector. Ora sta male anche Amado. Muoiono per lo stress. Da superlavoro

Romeo è morto da solo, stroncato da una necrosi epatica. Per renderlo più docile il nuovo allenatore lo privava del cibo e gli somministrava dosi massicce di Ovarid, un ormone che rimbambisce e placa gli istinti sessuali. Il suo fegato malandato non ha retto. Si è spezzato, così come si è spezzata la spina dorsale di Violetta, l'amica dei bambini. L'hanno trovata a pancia in su: affogata, in una bella mattinata di settembre. Paralizzata e uccisa dall'acqua troppo alta assieme al cucciolo che portava in grembo. Adesso sul suo caso indagano gli esperti e la Guardia Forestale. Perché mai nessuno, prima d'ora, aveva visto delle vertebre andar in frantumi in quel modo.

Dopo di lei è toccato a Hector, un magnifico stallone. L'ha fulminato un infarto del miocardio. Se fosse stato un uomo diremmo che ha pagato per lo stress. Invece, visto che anche lui è un delfino, tutti o quasi a Gardaland, il più grande parco dei divertimenti italiano, hanno alzato le spalle. E hanno ricominciato a lavorare. Tre milioni di visitatori all'anno che pagano 34 mila lire d'ingresso - più altre 5.000 per mettere il naso in un delfinario ovviamente battezzato "Palablu" - hanno dei diritti. Lo spettacolo deve continuare. Si devono vendere i gelati, le magliette, i panini. Si devono staccare migliaia di biglietti. Cosa importa se anche Amado, l'ultimo arrivato, sta molto male? Se le sue pinne stanche bastano appena per fargli percorrere avanti e indietro una vasca che, vista da lontano, sembra una tinozza?

Tanto i delfini sono assicurati. Se muoiono, dai mari di Cuba ne arriveranno degli altri. «L'avevamo detto alla direzione del parco che sarebbe finita così. Li avevamo avvertiti. Non si possono costringere i delfini a fare tutti i giorni 5 o 6 spettacoli pensando che non ne risentano. Loro sono come noi. Sono intelligenti. Gli allenamenti aggressivi finiscono per ucciderli», accusa, quasi tra le lacrime, Oscar Carini, il ragazzo-pesce. Lui che nell'acqua c'è nato, suo padre è stato uno dei primi istruttori di delfini in Italia, a Gardaland ha lavorato fino al '97. Il "Palablu", il più grande delfinario d'Italia, è un'idea sua.

«Era costato sette miliardi», racconta, «avevamo progettato vasche per la cura degli animali, per separarli dagli altri quando avevano problemi di socialità. Era stato costruito anche un'impianto che depurava l'acqua ossigenandola, perché i delfini non sopportano il cloro. Tutta roba costosa. L'amministrazione voleva ammortizzare gli investimenti troppo in fretta. Imponeva spettacoli su spettacoli».

Oscar Carini se ne è andato da Gardaland sbattendo la porta. E in una lettera alla direzione, datata 1 giugno '97, ha denunciato anche presenze troppo elevate di cloro nell'acqua del delfinario. Il suo successore, un allenatore inglese descritto nella lettera come «senza etica professionale ed esperienza», ai vertici del parco piaceva: era superproduttivo, ubbidiente, molto cortese. Con i cetacei, invece, usava le maniere forti. I delfini, davanti a lui, saltavano fuori dall'acqua decine di volte. Sempre alla velocità della luce: perché avevano la pelle irritata dal cloro e ogni balzo rappresentava per loro un po' di refrigerio. Tanta iperattività era entusiasmante per il pubblico, molto meno per gli animali: la Guardia forestale in un rapporto racconta, per esempio, la storia di Tom e Jerry, due otarie «dagli occhi velati di bianco» perché vittime di «eccessi da cloro».

Secondo il codice penale tutto questo ha un nome solo: articolo 727, maltrattamenti di animali. Ed è proprio per provare questo reato che da tre anni, sulle dolci sponde del lago di Garda, lì dove le colline degradano a valle tra gli ulivi, va in scena una strana commedia. Uno spettacolo tragicomico con i ragazzi del Cites, i gruppo della Guardia forestale che si occupa di animali esotici, che fanno la spola tra Gardaland e la procura di Verona sequestrando documenti, interrogando il personale, prelevando campioni di sangue e di acqua, mentre fuori la gente continua a fare la fila.

Nel gennaio del 1999 Sergio Feder, l'amministratore delegato del parco dei divertimenti, è anche stato portato in giudizio per la morte di Romeo: l'accusa era ovviamente maltrattamento di animali. Feder ha pagato un oblazione per estinguere il reato. Ma la moria dei delfini non è terminata. Oggi anche anche Enrico Ghinato, il presidente della Gardaland spa, è sotto inchiesta. Perché pure quello di Violetta è un decesso sospetto. E a dirlo non è l'accusa, ma una relazione di Andrew Greenwood, un veterinario di fama mondiale legato a Gardaland da un contratto di consulenza. Greenwood ha scritto di non aver mai visto o letto, in anni e anni di professione, casi di delfini che in cattività si danneggiassero la spina dorsale.

Pure per lui, insomma, l'interrogativo è uno solo. Come diavolo può aver fatto Violetta a ridursi così? Il veterinario inglese sottolinea nella sua autopsia che Violetta non presenta ematomi o segni esterni «del tipo di quelli che si hanno quando si va a sbattere contro un muro o un cancello». Quindi la sua colonna vertebrale non può essersi spezzata dopo un salto troppo pericoloso terminato sui bordi della piscina. Deve essere successo qualcos'altro. Ma cosa? Greenwood non lo sa. «Credo», dice soltanto, «che non sia stato fatto nulla d'irragionevole sugli animali e che non si possa attaccare il parco per questa tragedia». Un fatto però è certo. Violetta prima di morire presentava uno strano rigonfiamento sulla schiena, proprio vicino alla pinna. Lo hanno visto tutti. Le sono stati dati degli antidolorifici e, finché ce l'ha fatta, è stata costretta a continuare a lavorare. Perché? Sarà una perizia chiesta dalla magistratura al più importante esperto di cetacei italiano, il professor Giuseppe Notarbartolo, a spiegarlo. E soprattutto a rispondere all'interrogativo: Violetta è stata picchiata?

«Siamo nel 2000. Non voglio neanche pensare che qualcuno le abbia potuto dare una bastonata durante l'addestramento, quelli sono metodi da età della pietra», s'infervora Giuli Cordara, la bella presidentessa dell'Animal & Nature Conservation Fund, la fondazione voluta dall'Aga Khan, da sempre in prima fila nella lotta ai delfinari: «Il fatto è però che mentre in tutto il mondo questi tipi di parchi vengono chiusi, da noi si va in senso contrario. La legge che vieta le importazioni di animali viene aggirata. Per farli arrivare si ricorre alla formula dell'affitto». E intanto a Gardaland, tra clown, bambini sorridenti e quintali di gelati, i delfini continuano a morire.