UNA CURIOSA
TRADIZIONE IBERICA:
DIVERTIRSI FACENDO SOFFRIRE
Approfondimenti:
Articolo: Una curiosa tradizione iberica:
divertirsi facendo soffrire
Articolo: Se ami tutte le creature
non andare a Santiago di Compostela
Link:
Barcellona ed il Forum universale delle Culture 2004 - basta con la
corrida (Promiseland)
Link:
Feste con animali in Italia (UNA)
Pubblichiamo un ottimo articolo inviatoci dalla Spagna da Marc Boillat
Sartorio.
Dr. Marc
Boillat Sartorio*
Giurista
Torrent (Valenza),
agosto 2003: un cane finisce dal veterinario gravemente ustionato.
Morirà poco dopo. Alcuni giovani si sono divertiti a legarlo ad
un palo, innaffiarlo di benzina e dargli fuoco per vederlo ardere
fra ululati di dolore. Il tutto in pieno giorno. Quando la polizia
domanda ai presenti se possono identificare gli autori di tale barbarie,
nessuno ha visto niente.
Torrent (Valenza), primavera del 2003: una gatta incinta
finisce buttata in un rogo in pieno giorno davanti a centinaia di
spettatori durante una delle feste popolari estive chiamate “Fallas”.
La gatta riesce a fuggire e, nonostante le ustioni, a sopravvivere.
Quando gli inquirenti cercano di verificare l’identità dei responsabili,
nessuno ha visto nulla, facendo bello sfoggio di omertà secondo
il più genuino stile mafioso, anche se alquanto più casereccio.
El Verger (Alicante), agosto 2003, festa del villaggio:
un torello di quelli che si usano in queste occasioni facendoli
correre spaventati fra una moltitudine aggressiva, muore di fatica.
Alla fine dello stupido supplizio, il povero animale rimane lì,
fermo per un po', e poi cade morto.
Gata (Alicante), agosto, 2003, festa popolare: un’altra
festa demenziale con uso sconsiderato, primitivo, sadico e totemico
degli animali. Come è consuetudine in queste feste patronali si
suole ricorrere ai torelli, in una patetica emulazione delle corride
e degli idolatrati toreri. Alcuni sussurrano motivazioni ben più
serie e profonde, che tenterebbero di spiegare la altrimenti inconcepibile
fissazione spagnola verso questa specie di animali che rappresentano
l’antico simbolo mediterraneo della fertilità maschile.
La gente si getta nelle strade, circoscritte da sicure barriere
ed ostacoli, per incitare i poveri animali che, non capendo nulla
di ciò che sta accadendo, non hanno altra scelta se non quella di
lanciarsi a spron battuto lungo il tragitto marcato con la sola
intenzione di fuggire dall’uomo.
In molti spettacoli di questo tipo, è d’uso conficcare palle di
materiale infuocato nelle corna dei tori, dato che le loro peripezie
per liberarsi del fuoco sembrano divertire oltremodo gli indigeni.
In questa occasione la solita barbarie giunse molto più in là,
oltre a ciò che si può ancora cercare di giustificare o di comprendere,
sebbene mediante uno sforzo d’immaginazione considerevole. Questa
volta non si può fare altro che rimanere ammutoliti o denunciare
a voce alta la più grande indignazione. E per fare ciò non c’è bisogno
d’amare gli animali; è sufficiente essere persone psicologicamente
normali.
Durante la festa di questo Comune conficcarono le fatidiche palle
infuocate nelle corna del torello il quale, spaventatosi, cercò
di liberarsi dando una cornata ad un palo. A causa del colpo, un
corno risultò reciso alla base e, se consideriamo che le corna dei
bovini sono innervate, possiamo immaginare il dolore, soprattutto
se ci ricordiamo di qualche esperienza dolorosa dal dentista.
Il corno non cadde, ma rimase penzolante facendo si che il materiale
infuocato (una specie di pece) ustionasse le guance e gli occhi
del torello.
In presa al panico e al dolore, l’animale dette altre cornate qua
e là con l’unico risultato di sconquassarsi la mandibola e provocarsi
una emorragia nella bocca. Naturalmente, gli spettatori si mostrarono
molto divertiti, perché questo inaudito e cavernicolo spettacolo
durò dalla sera fino alle 5 del mattino, quando l’animale esausto
fu ritirato ed ucciso.
I giorni successivi videro numerose proteste delle organizzazioni
animaliste e di molti spagnoli, i manifestanti giunsero anche ad
esigere spiegazioni al consigliere comunale della cultura e dello
spettacolo. Interpellato sull’accaduto e sul perché le autorità
permisero che l’animale soffrisse in tal modo per varie ore, il
rappresentante dell’Amministrazione – denotando limitatezza intellettuale
– non trovò nessuna spiegazione migliore che dichiarare che non
si era potuto far nulla perché il torello era troppo nervoso e non
ci si poteva avvicinare. A parte la puerile menzogna, qualcuno suggerì
che almeno si sarebbe potuto dar ordine alla polizia di abbattere
l’animale, ma noi vogliamo spingerci più in là e chiederci come
mai non si siano usati quei dardi che, sparati da un fucile, fanno
addormentare gli animali colpiti. Può forse darsi che questo ritrovato
tecnologico non sia ancora sbarcato in Spagna?
Gli esempi riportati non sono casi isolati o particolarmente rari.
Non sono nemmeno monopolio delle due province riportate (anche se
è vero che nel levante spagnolo – Valenza, Alicante, Castellón –
esiste una fortissima tradizione di spettacoli di questo tipo con
animali). Se volessimo, potremmo riempire pagine di infiniti esempi
ancora più atroci nei quali gli abitanti di molte località iberiche
si divertono con la morte ed il dolore degli animali.
Naturalmente vi sarà chi dirà che non si può mai generalizzare,
ed in parte è vero: esempi encomiabili di civismo, solidarietà e
compassione, si trovano sempre, anche nelle società più cruente
e rudimentali. Ma è altresì vero che tutto quello che facciamo nella
vita quotidiana comporta un giudizio prima ed una scelta successiva.
Ebbene, anche verso gli animali facciamo lo stesso: scegliamo di
agire, di comportarci in un modo o in un altro ed anche l’indifferenza
è una scelta, un modo di atteggiarsi.
In Spagna ci sono moltissimi amanti degli animali così come esistono
moltissime persone che, senza essere tali, li rispettano o – nel
peggiore dei casi – li ignorano. Tuttavia, bisogna dire che fra
questi esempi di normalità la Spagna fornisce anche innumerevoli
modelli di indicibile crudeltà la quale, passando impunita ed essendo
bellamente tollerata dalle istituzioni e da gran parte dell’opinione
pubblica, non può non comportare una certa generalizzazione. Infatti,
quando parliamo della Spagna e di ciò che succede agli animali,
non possiamo esimerci dall’esprimere un giudizio, dal prendere una
posizione, e ciò si fa generalizzando sulla base di quello che più
si vede e che più frequentemente succede. Ciò non è dato dagli esempi
di civismo ed amore per la natura, ma dagli altri, dalle feste,
dagli abbandoni, dai cadaveri di cani o gatti nelle strade spagnole
che nessuno ritira e che rimangono lì fino a dissolversi naturalmente
come bella mostra dell’insensibilità delle autorità e della gente.
Ammesso e non concesso che la maggioranza degli iberici si fossero
ultimamente trasformati misteriosamente in soggetti rispettosi degli
animali, non si capirebbe com’è possibile che le istituzioni continuino
ad appoggiare e promuovere la crudeltà e la violenza metodica sugli
animali. Per esempio, se un consigliere comunale svizzero permettesse
la tortura pubblica di un animale significativo per la Confederazione,
per esempio un orso, non solo sarebbe criticato e perderebbe l’appoggio
di tutti, ma sarebbe anche considerato un pazzo, dovrebbe inoltre
far fronte a serie conseguenze legali e disciplinari.
Invece in Spagna non solo ciò non succede, ma la gente tollera.
O approva. Per questo non si può fare a meno di parlare di maggioranza
conforme e quindi non si può fare a meno di generalizzare.
Gli inauditi esempi di crudeltà che si perpetrano in Spagna contro
gli animali contraddicono e vanificano molti dei grandi sforzi fatti
per lasciarsi alle spalle un rozzo ed autarchico passato rurale
ancora troppo attuale.
Se si guarda la televisione
con spirito critico, si vedranno coesistere la modernità più sfrenata
e l’anacronismo provinciale e maschilista più esacerbato. In un
telegiornale del 24 di agosto di quest'anno fu possibile rilevare
un esempio di simile contraddizione: un reportage parlava – e denunciava
con toni moralistici – la pornografia di riviste come “Penthouse”
nonché lo squallore delle persone che si avvalgono dei servizi erotici
informatici. Il servizio successivo, invece, descriveva con grandi
elogi un “encierro” che si stava per celebrare in
una cittadina della provincia di Madrid. I cronisti e gli intervistati
non mancarono di sottolineare la tradizione e la bellezza di tali
spettacoli, arrivando anche a dare consigli pratici per la sicurezza
degli eventuali partecipanti.
Non può sfuggire l’esistenza di un doppio standard di valutazione
morale ed una ambivalenza pulsionale la cui sopravvivenza nell’attuale
società civilizzata rimane un mistero antropologico.
LE VARIE FACCE DEL SADISMO Gli
stranieri sono abituati a pensare alla Spagna in termini di flamenco,
nacchere, spiagge, bellezze locali e corride.
C’è molto di più in Spagna. C’è cultura, arte, ospitalità, gastronomia,
eccetera, ma per qualche strano mistero, queste cose non sono quelle
che le stesse autorità spagnole promuovono per pubblicizzare il
loro paese – prevalentemente turistico – agli occhi degli stranieri.
Al contrario: il cliché è sempre lo stesso da decenni. Per esempio,
un programma televisivo taurino della catena statale TVE1,
recentemente informava che in un luogo della Spagna l’encierro
locale è stato dichiarato “festa di interesse turistico”.
Ecco perché all’estero esiste un’immagine preconcetta della Spagna
dove il ballo passionale incarnato dal flamenco si intreccia con
le pulsioni più primitive rappresentate dal sangue, dal dolore e
dalla morte. [1]
Ne discende un’idea fissa che inquadra le corride come una
forma di violenza gratuita e di inspiegabile sadismo verso gli animali,
ma che - ad essere oggettivi - continua ad essere lontana dalla
realtà, dato che non è l’unica forma di crudeltà esistente in Spagna,
né la più cruenta.
Per capire cosa debbono sopportare
molti animali iberici, bisogna distinguere tipi di violenza e crudeltà
diverse. Se ne possono individuare almeno quattro.
- La tauromachia, la forma più conosciuta di martirio di
animali e detta anche “Fiesta” nazionale
- Le feste con tori (encierros, tori con palle
di fuoco, ecc), una triste e brutta copia della tauromachia,
sebbene i difensori si sforzino di cercare nella cultura popolare
una radice distinta ed autonoma per questa forma di sadico divertimento
- Le feste ai danni di altri animali (galline, capre, asini,
tacchini, maiali, ecc).
- Le crudeltà ai danni di qualsiasi animale (combattimenti
di cani, galli).
Quest’ultima categoria è vietata dalle leggi autonome [2],
pertanto - in teoria – sarebbe legalmente perseguibile, a differenza
delle altre tre che sono forme legittime di divertimento, sempre
che si possano far risalire a qualche “tradizione” che fornisca
loro la necessaria base “culturale” e godano di regolare autorizzazione
amministrativa.
In quest’ultima categoria di atti illegali rientrano i casi innanzi
menzionati del cane e del gatto dati alle fiamme, ma abbiamo anche
visto come la legge trovi un ostacolo addizionale ed insormontabile
nella mentalità della gente, nella filosofia del “io non c’ero
e se c’ero dormivo”.
In quanto allo squallido fenomeno dei combattimenti fra animali,
la proibizione generale relativa ai cani non deve illudere il lettore,
poiché i combattimenti di galli, in certe regioni, sono considerati
patrimonio culturale (p.es., nelle Canarie, dove è proibita la
corrida ma si fomenta il combattimento di galli).
Ultimamente la Catalogna e l’Estremadura hanno rispettivamente
promulgato nuove leggi di protezione animale abolendo fra l’altro
questa forma di divertimento. Anzi, la Catalogna è andata più in
là ed ha vietato anche il tiro al piccione, un’altra usanza sadica
cara a molte persone.
Sul fronte delle corride, la nuova legge catalana ha reinserito
la proibizione dell’accesso dei minori di 14 anni alle corride.
Questa limitazione, introdotta nel 1998 ed esistente fino al 2000,
fu eliminata dalla Commissione di Giustizia del Parlamento catalano,
al fine di consentire ai genitori di crescere “i propri figli
come meglio credono” (sic). In ogni caso non si capisce
perché si stabilisce il limite dei 14 anni per assistere alla morte
violenta in diretta, ma poi si proibiscono i film con vocabolario
“osceno” ai minori di 18 anni.
Ma venendo ora alle prime tre categorie di supplizi, ovvero quelle
“legittime”, vediamo subito che la corrida classica è la
più conosciuta e quella che dovrebbe beneficiare del salvacondotto
assiomatico della “cultura” e della “tradizione”.
Sebbene per ragioni didattiche separiamo qui i due aspetti dello
scempio che si realizza sui tori, deve restare chiaro che non sempre
i due ambiti sono così definiti, anzi si devono mischiare per garantirsi
reciprocamente una continuità.
La finalità principale e dichiarata della corrida è quella di mantenere
vivo il fattore coesivo dell’identificazione spagnola, anche se
ciò non spiega perché questo popolo abbia bisogno di una vittima
- al modo dei sacrifici pre cristiani - per dotarsi di una identificazione
collettiva. Non è questa la sede adeguata per analizzare la fallacia
di questo argomento, ma lo è senz’altro per spiegare che la corrida
si svolge in tre fasi, vale a dire che il supplizio del toro
passa per tre stadi ben definiti. [3]
La prima fase è quella dei picadores a cavallo.
L’immagine stereotipata che tutti conosciamo del toro che esce feroce
dal suo toril sbuffando e con aria truce non è che
una povera manipolazione dei fatti. Il toro esce correndo e guardandosi
attorno non perché cerchi la lotta, ma una via d’uscita al suo inutile
dramma. Infatti, prima di liberarlo, gli addetti ai lavori gli impongono
la divisa, ossia quella bandierina colorata
che vediamo svolazzargli sulle spalle. [4] Ebbene, ciò che non tutti sanno
è che la bandierina è composta di un arpione tagliente e perforante
di 8 x 1,6 cm che si conficca nella carne del bovino per... “eccitarlo”,
diciamo!
Una delle pratiche più segrete che precedono l’entrata del toro
nell’arena e destinata a fiaccarlo, è quella di colpirgli i fianchi
con pesanti sacchi di sabbia.
Una volta corredato dei suoi colori, inizia un autentico massacro
o una “esibizione artistica” eco della sensibilità spagnola. Dipende
dal punto di vista.
È interessante notare come tutte le descrizioni della tauromachia
si affannano a cercare di impiegare termini astrusi ed arzigogolati
presi in prestito dal linguaggio dell’arte per giustificare – e
fare dimenticare – la macellazione pubblica di un animale indifeso.
Addirittura c’è qualche esperto che descrive questo martirio come
un incontro fra “linee orizzontali e linee verticali”. [5]
Durante la prima fase i picadores si fanno carico
di ledere i tendini del collo del toro in modo che non possa tenere
la testa alta e, quindi, colpire con le sue uniche armi: le corna.
Il picador assolve alla sua funzione conficcando nella
groppa del bovino, dall’alto del suo cavallo, una punta d’acciaio
di 3x2 cm composta da tre fili taglienti e di forma piramidale,
facente parte di una lancia di 2,5-2,7 metri. Dopo questo trattamento
le spalle del toro sono ridotte ad una moltitudine di buchi di circa
4-5 cm di diametro, dai quali fuoriescono sangue e brandelli di
carne. Ma l’animale resiste. E questo è ciò che amano vedere coloro
che compensano le proprie inadeguatezze psicologiche per mezzo di
patologici spettacoli di violenza reale. [6]
C’è da ricordare che oggi i cavalli sono protetti da una specie
di armatura di 30 kg (che comunque non toglie i rischi), ma che
prima del 1928 tutto si svolgeva al naturale, vale a dire con gli
equini che finivano sbudellati in ogni corrida.
Quando il toro è stato così preparato, inizia il secondo round
(gli appassionati non mi perdoneranno l'uso di questo termine, visto
che secondo loro la corrida non è equiparabile alla volgare e crudele
boxe). Entrano in scena i banderilleros, buffi
toreri appiedati che si incaricano di provocare il toro affinché
questo carichi e, nel momento adatto, conficcargli nelle spalle
delle aste di circa 1 metro di lunghezza recanti a un estremo un
arpione di 6x1,6 cm. Gli arpioni da conficcare sono 8.
Bisogna menzionare che, nel caso in cui un toro non voglia lottare,
il regolamento taurino prevede la imposizione delle banderillas
di castigo, che sono nere e più dolorose (8x2 cm).
La finalità delle banderillas è di preparare l’animale
per l’atto finale di tanta patetica esibizione di sadismo esente
da rischi, ovvero, l’entrata in scena dell’eroe, del matador
inguainato nei suoi collant rosa con quello strano cappellino
alla Mickey Mouse ed in compagnia del suo inseparabile spadino,
simbolo di un anelo fallico mai coronato e strumento che, nelle
mani del piccolo dio-uomo, concede la vita o la toglie a chi non
può rappresentare un pericolo.
Quando il toro dà segni di sfinimento (tipica è la lingua a penzoloni)
e, soprattutto, allorché non riesce più a mantenere la testa elevata,
comincia l’ultima fase, che culminerà con la stoccata della
“linea verticale” ai danni di quella “orizzontale”. Si noti che,
per legge (art. 80 Real Decreto 145/1996 Regolamento degli
spettacoli taurini), è proibito accelerare la morte del toro.
Durante questa fase il torero esibisce il suo repertorio di tecniche
ed attrae l’ammirazione e l’invidia del quel pubblico di guerrieri
frustrati dalle cui bocche escono dei ritmici “olè”.
L’eroismo ed il valore del mortifero ma policromo personaggio non
è tutta farina del suo sacco. Infatti, esistono vari metodi diretti
a garantire l’innocuità del toro. Fra essi ricordiamo l’affettato
delle corna, la vaselina negli occhi e la miopia congenita
di questi animali. Naturalmente, tutti i trucchi che si usano
nel mondo delle corride non sono legittimi e vengono condannati
dai puristi. Nonostante ciò si usano e, quanto più importante è
il matador, più si deve rendere innocuo il toro. Quanto all’affettato
delle corna questo consiste in limare le punte 4-5 cm, fino
a lasciarne il nervo scoperto. Con ciò si ottengono due effetti:
il toro non può più mirare attraverso corna, suo punto di riferimento,
e non può nemmeno colpire, pena un dolore atroce.
Alla fine, quando il torero affronta direttamente il toro per dargli
la stoccata, davanti all’uomo c’è solamente un bovino disperato
e dolorante, impaurito, confuso e sfinito che non sa più che cosa
fare né che cosa lo aspetta. Ha fatto divertire un pugno di persone
per le quali questo sostantivo sembra essere un generoso regalo
ed ha contribuito a far si che, ancora una volta, la Spagna esiti
ad abbandonare quel terreno culturale comune solo a pochi paesi
sudamericani.
È quindi venuto il momento: il toro fissa con gli occhi obnubilati
quel piccolo e strano animale a due zampe che lo affronta. Ha la
lingua fuori e il manto inzuppato di sangue. Il dolore dev’essere
atroce. L’uomo lo incita ad un ultimo attacco e chi ha visto una
corrida può dire con che riluttanza e lentezza il toro si scaglia
per l’ultima volta. È allora che il matador compie la sua funzione
e fa sfoggio della sua bravura, conficcando lo spadino ricurvo fra
spalle del toro fino a perforargli la pleura, i polmoni ed il cuore.
Un’ultima cosa è degna di nota. In tutti i casi in cui un toro
entra in una plaza, per legge deve uscirne
morto. Pertanto, anche nel caso del toreo
comico, una specie di corrida incruenta dove alcuni
pagliacci burlano l’animale alla fine, dietro le quinte, il toro
viene ucciso, macellato.
Questa è l’arte e la bellezza che dovrebbe rappresentare la cultura
spagnola che molti artisti d’altri tempi declamarono senza veli
e che affascinò personaggi del calibro del guerrafondaio Hemingway:
un’ovazione alla morte violenta, al dolore ed al sangue... quello
degli altri, si capisce!

In quanto alla seconda categoria di spettacoli con l’impiego
di tori, torelli e vitelli, va detto che sono celebrazioni per lo
più rurali nelle quali la folla – e non lo specialista matador
– è incaricata di portare a termine il supplizio del toro.
Esistono svariate feste nelle quali a volte l’animale muore ed
a volte no. Per esempio, celebre è la festa dei tori di fuoco,
nella quale si conficcano palle di materiale infuocato nelle corna
dei bovini e poi ci si diverte vedendoli dare testate e cornate
da tutte le parti in preda al panico, o quella dei tori a
mare. In quest’ultima ci si burla del toro dal bordo di
una banchina. Quindi il bovino carica, ma non potendo fermarsi in
tempo scivola e cade in mare da un’altezza di circa due metri.
La festa del toro lanceado o della Vega
è molto peggio. Si svolge annualmente a Tordesillas
(Valladolid) in occasione della festa della “Virgen de la Peña”
(17 settembre). Consiste nel liberare un toro nella campagna e poi
inseguirlo a cavallo. Per l’animale non c’è scampo dato che gli
inseguitori usano lance e coltelli per ferirlo ripetutamente. L’animale
sarà risparmiato se riuscirà a superare una certa linea, ma l’epilogo
si può immaginare: il toro cade in ginocchio molto prima e la folla
lo finisce e gli taglia i testicoli. A colui fra i partecipanti
che ha dimostrato più foga nella persecuzione si concede come trofeo
la coda del toro.
Un altro tipo di celebrazioni con uso di tori è quello di Coria
(Cáceres) in occasione della festa di San Juan (24 giugno).
Qui le gesta consistono nel tirare dardi di tutti i tipi a un toro
che deve percorrere così tutto il villaggio finché, completamente
insanguinato, si porta all’arena, gli si piantano le banderillas
e poi lo si ammazza con un colpo di arma da fuoco e gli si tagliano
i testicoli. In verità la recisione di questi avviene mentre l’animale
agonizza, analogamente al toro di Garciaz (Cáceres)
ed altre celebrazioni nelle quali la castrazione popolare avviene
con il toro vivo. [7] L’analogia con la Via Crucis
è sorprendente.
È intuitivo il significato dei testicoli per questa gente emotivamente
rudimentale, specialmente quando si tiene presente che il toro simboleggia
la fertilità maschile.
Altro esempio di ammennicolo identificativo della coscienza nazionale
è la festa della “mattanza del maiale”. Coloro che
l’hanno vista, testimoniano di una situazione agghiacciante e repulsiva.
Ma ciò che è più grave è che i bambini sono invitati ad assistere.
In quelle società arcaiche e rozze il bambino che si rifiuta è spesso
tacciato di una “mollezza” non adatta ad un uomo e tipica del “maricón”
(termine spregiativo per indicare un omosessuale).
A questo punto, e per non dilungarci, vorremmo servirci dell’esempio
della regione di Valenza per illustrare come la tauromachia si mischi
con gli spettacoli taurini per dotarsi di una legittimazione collettiva
di continuità di tanto sadico passatempo. Sebbene i valenzani sostengano
che la nascita della tauromachia nella loro regione risalga addirittura
a migliaia d’anni fa, alcuni documenti farebbero risalire la tradizione
della festa taurina al secolo XI. Ma uno studio rigoroso porta a
scoprire che la tauromachia valenzana inizia nel secolo XVIII e
raggiunge il suo culmine fra il XIX ed il XX secolo.
Il perché della commistione degli spettacoli tradizionali con la
corrida si comprende facilmente poiché senza l’appoggio popolare
insito nelle feste di strada, poco a poco l’ambito della corrida
vera e propria verrebbe eroso implacabilmente. Infatti, a Valenza,
come in altre regioni, una delle basi della sopravvivenza della
“tifoseria taurina” è lo spettacolo dei “Bous de Carrer”
(tori nelle strade), cruciale nella cultura del levante spagnolo
e comune a tutta la Spagna. Questo consiste nel lasciare liberi
i tori nel paese o nella città, obbligandoli in un tragitto definito
che finisce sempre nell’arena. Famoso è l’encierro di Pamplona.
In questo modo si mantiene il contatto fra il toro-simbolo identificativo
e l’uomo della strada il quale, probabilmente, non si prenderebbe
la briga di assistere alle corride.
Questa forzata continuità delle feste taurine è garantita dalla
stessa gente, sebbene si dica che più dell’80% degli spagnoli rifiuta
questi spettacoli. Nel levante, per esempio, esistono circa un migliaio
di appassionati solo nelle province di Valenza e Castellon. Inoltre,
i permessi concessi dall’Amministrazione per la celebrazione degli
spettacoli sono quasi 3.000, su un totale di 6.000 spettacoli ripartiti
fra le varie modalità (tori di fuoco, encierros, inseguimento di
torelli, ecc). [8]
Queste cifre hanno indotto la Diputación provinciale
(un organo pubblico che riunisce le province) a creare la scuola
di tauromachia di Valenza al fine di “garantire la continuità
... e accrescere la persistenza della storia taurina”.
Fortunatamente, nonostante questi
sforzi, la spesa di denaro pubblico, i 7.300 encierros annuali,
le 4.000 scorrerie urbane di torelli e le 3.500 celebrazioni con
tori legati e trascinati, il numero totale degli appassionati continua
a diminuire implacabilmente.
La terza categoria di spettacoli leciti contempla
la tortura di altri tipi di animali, diversi dai bovini. Naturalmente,
bisogna tenere presente che separiamo i soggetti delle feste solo
artificialmente e che, per gli amanti di questi spettacoli e nonostante
il toro rimanga il non plus ultra, anche gli altri animali
vanno bene.
In questa grande categoria entrano: anatre, conigli, polli, tacchini,
capre, asini, maiali, piccioni. Se a ciò aggiungiamo le pratiche
illegali delle impiccagioni dei cani da caccia o atrocità come gettare
cani e gatti nel fuoco, si può certamente affermare che, eccezion
fatta per gli esseri umani, virtualmente tutto ciò che è dotato
di vita propria in Spagna può diventare oggetto di tortura e quindi
oggetto di divertimento.
Per esempio, i piccioni vengono usati nella “Corrida do Galo”
a O Rosal (Orense): si prendono i piccioni, si mettono in
contenitori e si ammazzano a pietrate.
A Manganese della Polvorosa, si era soliti lanciare una
capra dal campanile della chiesa del villaggio che si schiantava
sul marciapiede. A causa di tutte le proteste e di tutta la pubblicità
negativa fatta all’estero, da qualche anno si usa un telone affinché
l’animale non si spiaccichi per terra. Comunque, è ragionevole dubitare
che l’animale esca indenne dall’esperienza.
A Castrogonzalo (Zamora) ogni 17 di gennaio i giovani del
villaggio esibiscono la loro abilità a cavallo strappando la
testa a dei galli appesi vivi nelle strade. Dal 1992 questa
atrocità è stata dichiarata dal Comune “Fiesta Oficial”.
A Comillas (Santander) il 15 di luglio si prendono delle
anatre, si strappano loro le ali dopodiché i paesani cercano di
catturarle. Nella foga si strappano loro le zampe e la testa.
Potremmo continuare per pagine e pagine, ma gli elementi essenziali
dello spettacolo rimangono invariati: alcuni esseri presumibilmente
umani, ma in realtà solamente umanoidi che, giustificati dalle loro
stesse istituzioni ed autorità, sfogano le proprie frustrazioni
sessuali e sociali su una gamma di animali indifesi praticamente
infinita.
LA QUESTIONE DELLA MENTALITÀ.
È molto difficile cambiare le cose quando ciò che si vuole trasformare
è percepito come una trivialità. Com’è risaputo, non si tratta solamente
della mentalità della gente, ma di chi, oltre a dettare norme e
regole, dovrebbe dare l’esempio. Se si vuole che leggi e regolamenti
siano rispettati, i destinatari debbono poter identificarsi con
gli obiettivi e vedere coerenza e certezza nel legislatore. Con
ciò ci stiamo riferendo esplicitamente all’operato dell’Amministrazione
Pubblica. Per esempio, come possiamo attenderci un mutamento in
meglio della mentalità collettiva spagnola quando questa è stata
sottoposta a scene di violenza reale propinate dalla stessa
autorità e dalla cultura nazionale fin dalla più tenera età? Ed
anche ammettendo che la stessa Amministrazione sia sincera quando
promulga le sue nuove ed encomiabili norme, come si può credere
in un cambio genuino di rotta quando ogni estate si possono vedere
le strade spagnole disseminate di cadaveri di cani e gatti schiacciati
sull’asfalto, come qualsiasi turista può facilmente verificare?
In questo caso due sono i gravi problemi, sebbene non siano tanto
visibili a meno di volerli scorgere: in primo luogo l’aumento vertiginoso
di resti di animali conferma ciò che già sappiamo, ossia che, nonostante
le norme, gli obblighi e le minacce di multe, in Spagna si continua
ad abbandonare gli animali. Quest’estate (2003) c’è stato un aumento
incomprensibile degli abbandoni, che sono saliti a 35.000 da giugno
ad agosto, quando la cifra annuale totale si aggira attorno ai 180.000
animali. Una delle cause di tale disastrosa situazione è senz’altro
da ricercarsi nel fatto che le norme non si applicano o si applicano
senza convinzione o inefficacemente. Ciò conferma ulteriormente
il problema della mentalità sopra citato, ossia che esistono certe
cose che in Spagna non sono prese seriamente. Una d’esse è la questione
degli animali. Se non fosse così, non si capirebbe perché, nonostante
sia obbligatoria l’identificazione mediante microchip dal 1995 degli
animali da compagnia, ancora non si riesce a colpire chi li abbandona,
o come può essere possibile trasferire un cane senza farne il relativo
passaggio di proprietà. È pertanto frequente trovare cani abbandonati
con un microchip che risale ad un vecchio proprietario e nel frattempo
scoprire tre o quattro passaggi di proprietà in violazione delle
norme senza che ciò comporti nessuna conseguenza.
Secondariamente, l’altro aspetto che dimostra la quasi totale noncuranza
delle istituzioni, oltre ad una evidente negligenza nell’adempimento
dei loro doveri istituzionali, è la presenza delle carcasse degli
animali sulle strade nella quasi totale inattività dei competenti
servizi comunali. A volte, gli animali investiti si trascinano fino
al bordo della strada dove muoiono e marciscono. In estate è facile
vedere i segni degli investimenti sull’asfalto e le tracce o le
scie di sangue che portano puntualmente ad un gatto o un cane putrefatto
al margine della strada. Si sono visti sacchi di cellophane contenenti
cani di grossa taglia in boschi dove la gente va a fare footing
o a passeggiare. Queste cose sono davvero troppo frequenti per un
paese che vuole definirsi civile.
Ci chiediamo quindi: se questo è l’esempio imperdonabile che danno
le istituzioni spagnole ai loro cittadini, come ci si può attendere
un qualsiasi cambiamento reale e consistente del loro comportamento?
(*) Profilo di Marc Boillat Sartorio:
Laurea in legge in Italia ed in Gran Bretagna. Dottorato con una
tesi in antropología criminale psicoanalitica.
Avvocato internazionalista
nell’ambito contrattuale e contenzioso internazionale.
Specializzato
in diritti degli animali e legislazioni inerenti alla tutela degli
animali, prende parte a conferenze e congressi, scrive articoli
tecnici e reportages, collaboratore e consulente della Fondazione
Altarriba in materia legale e diritto comparato e collaboratore
della PSA svizzera. Relatore in seminari sulla protezione legale
degli animali all’università di Barcellona. Presidente della sezione
giuridica nella conferenza internazionale di Barcellona CIPLAE,
organizzata dalla Fondazione Altarriba e moderatore del conseguente
dibattito.
Collabora
spesso con il Consiglio dell’Ordine dei Veterinari di Barcellona
che, con l’appoggio del partito politico ERC, nel 2002 gli conferì
l’incarico di redattare uno dei progetti di nuova legge catalana,
che è recentemente entrata in vigore.
Direttore
di edizione di monografie sugli animali della Fondazione Altarriba,
quali: “Cuestión de los Toros”
Ha tenuto
una conferenza in Svizzera sulle crudeltà nazionali ai danni degli
animali organizzata dalla PSA, ATRA e la Fondazione Altarriba
[1] Sarà sufficiente leggere Lorca ed altri scrittori
minori (Carlos Villalba, Carlos Reigosa, Manuel Ríos Ruiz ecc)
per verificare come si sentano orgogliosi gli spagnoli di tanta
visceralità incontrollata e scalmanata.
[2] Le leggi autonome o “autonomiche” sono norme che
appartengono alla potestà legislativa delegata alle Comunita Autonome.
Si potrebbero equiparare alla legislazione regionale in Italia,
ma in Spagna godono di una competenza più ampia. In
Spagna non esiste nessuna legge nazionale di protezione animale,
materia delegata appunto alle Comunità Autonome.
[3] Vedasi la monografia della Fondazione Altarriba
“La Cuestión de los Toros”.
[4] Per una descrizione delle fasi si veda M. Boillat,
“¿Por qué el Toro?” in Animalia nn 107. 108, 109/1999 ed.
Reed Business Information
[5] Il giornalista taurino Gregorio Carrochano
[6] Per un’ottima e realistica descrizione di queste
“fasi” vedasi la pagina web dell’organizzazione ANPBA (associazione
nazionale per il benessere animale): http://www.bienestar-animal.org
[7] Stranamente, esistono pochi libri che raccolgono
queste pratiche primitive e sadicamente criminali. Uno di questi
è “La vergüenza nacional” di Luis Gilperez Fraile. In ogni
caso risulta misteriosamente difficile reperire tale testo.
[8] Dati del 2001. Vedere V. Castro “Las Comunidades
Autónomas de Cara a la Tauromaquia” in Altarriba, Cuadernos
para dialogar sobre animales: la Cuestión de los Toros.
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