I PENSIERI
DEL MOSCERINO
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Anche gli animali piangono - Jeremy Rifkin (pdf)
Animalisti contro la guerra
Colpisci e terrorizza
Animali umani e non. Quelli non umani
hanno sentimenti e quindi meritano diritti (Jeremy Rifkin)
Animalismo per ragazzi
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Animalia
Articolo:
i pensieri del moscerino
BIOLOGIA: SORPRENDENTE ESPERIMENTO DI NEUROSCIENZA
I pensieri del moscerino
La Stampa web
RICERCATORI AMERICANI SONO RIUSCITI A FARE
L'ELETTROENCEFALOGRAMMA AL MINUSCOLO INSETTO SCOPRENDO CHE E CAPACE
DI ATTENZIONE E CHE HA REAZIONI EMOTIVE E MEMORIA
5/5/2004
di Isabella Lattes Coifmann
Note OLS: vi proponiamo questo
articolo in cui è descritto come si "divertono"
gli scienziati facendo scommesse a dir poco di dubbio gusto. L'articolo
evidenzia (se ve ne fosse ancora bisogno) l'ottusità delle
normali pratiche sperimentali utilizzate da neuroscienziati di tutto
il mondo, e la ormai nota insensibilità di questi ultimi
che dimostrano il rispetto che hanno per le loro cavie facendole
oggetto di derisione e di scommesse. Il risultato ottenuto è
comunque "inquietante" per gli scienziati e li pone di
fronte ad una verità che qualsiasi buon osservatore del comportamento
degli animali conosce già da tempo: tutti gli animali, a
prescindere dalla specie, sono esseri senzienti e non degli "automi
naturali".
Sulla psiche degli animali sono caduti molti tabù. Pochi
anni fa uno scienziato, un divulgatore, o un semplice amante degli
animali che avessero solo accennato a concetti quali l'apprendimento,
l'esperienza, l'attenzione, sarebbero stati esposti all'infamante
accusa di antropomorfismo. L'avanzata di un nuovo fronte di discipline
- la sociobiologia, la psicologia animale, le neuroscienze - ha
ribaltato lo scenario. Oggi si parla senza inibizioni di «mente
animale» e dell'utilità che il suo studio può
avere per la conoscenza della mente umana. Anche nel caso degli
insetti, ritenuti tradizionalmente poco più che "automi
naturali". Per esempio Howard Nash, del National Institutes
of Health di Bethesda nel Maryland, si occupa di anestesia studiando
i moscerini della frutta. Ed è entusiasta dei risultati del
metodo di indagine sulla psiche di questi piccoli insetti messo
a punto recentemente da altri due ricercatori, Ralph Greenspan e
Bruno van Swinderen, che lavorano al Neurosciences Institute di
San Diego in California.
Come questi hanno raccontato a Douglas Fox della rivista «New
Scientist», la cosa è cominciata per scherzo. Hanno
scommesso col loro amico Douglas Nitz, neuroscienziato che lavora
sui topi, che sarebbero riusciti a fare l'elettroencefalogramma
a un moscerino della frutta, il piccolo insetto che per la velocità
con cui si riproduce è da sempre il beniamino dei ricercatori
di genetica. E ci sono riusciti, con l'aiuto di un micromanipolatore
che ha piazzato un minuscolo elettrodo nel cervello di uno di questi
insetti, proprio nel punto in cui arrivano le informazioni sensoriali
e si attiva la memoria. L'elettrodo era grande quasi come la testa
del moscerino, ma l'EEG funzionava, e dava un tracciato incredibilmente
simile a quello degli animali superiori, e dell'uomo. Ci si poteva
rilevare ad esempio lo stato di sonno. Ma le vere sorprese sono
venute dopo. I ricercatori hanno messo l'insetto in uno schermo
a cristalli liquidi di forma cilindrica, entro il quale ruotava
una striscia di luce verde. Ogni volta che la vedeva, l'insetto
era attratto dalla striscia luminosa, e il suo cervello emetteva
particolari onde comprese fra i 20 e i 30 hertz che gli studiosi,
per non parlare di vera e propria coscienza, definiscono "segnale
di rilevanza". Il segnale si attenuava via via che l'insetto
si abituava alla presenza della luce. Ma tornava forte se si mostrava
alla mosca una seconda striscia luminosa insieme con la prima. Non
solo. Se al segnale veniva associato un evento sgradito, per esempio
l'esposizione al calore, l'attenzione ritornava.
Del resto già si sapeva che i moscerini della frutta imparano
come il cane di Pavlov: amano l'odore delle pesche, ma se all'odore
viene associato uno stimolo doloroso imparano a stare alla larga
dalle pesche. La tecnica di Greenspan e van Swinderen ha però
il pregio di "leggere" direttamente nel cervello, senza
doversi affidare all'interpretazione dei comportamenti, che è
sempre ambigua. Si è visto così che nelle situazioni
di attenzione i segnali raccolti da tre diverse regioni cerebrali,
che normalmente sono diversi fra loro, diventano perfettamente sincroni:
proprio come avviene nel cervello umano quando si instaura l'attenzione.
E i neuroscienziati pensano che la coscienza, diversamente da altre
funzioni, non abbia una localizzazione definita nella massa cerebrale
ma consista nella connessione fra regioni diverse, anche lontane.
Altro fatto interessante: quando l'insetto reagisce a uno stimolo
emettendo il "segnale di rilevanza", non reagisce ad altri
stimoli. Esattamente come noi siamo capaci di non sentire il rumore
del traffico quando la nostra attenzione è concentrata su
qualcosa che stiamo leggendo e che ci interessa. I ricercatori stanno
ben attenti a non antropomorfizzare il risultato delle loro indagini,
ed evitano il termine coscienza che è stato sbandierato dai
giornali in cerca di scoop quando la ricerca è stata resa
nota al Congresso di Genetica di Melbourne, nel luglio scorso. Non
parlano di flusso di coscienza, ma di flusso di attenzione.
Le somiglianze sono però inquietanti, se si pensa che il
cervello di una mosca della frutta contiene 250.000 neuroni, contro
i 100 miliardi dell'uomo: la risposta rilevante della mosca sembra
una versione semplificata della risposta di attenzione osservabile
nell'uomo, dice Greenspan, e potrebbe essere un sistema-modello
per analizzare l'attenzione umana. Van Swinderen pensa intanto di
costruire un labirinto virtuale da far esplorare alle mosche, che
potranno dirgli "che cosa è importante per loro".
Per esempio offrendo due stimoli diversi e vedendo quale scelgono,
poi offrendo due varianti dello stimolo che è stato preferito,
e così via. Oppure, all'inverso, mostrando loro un quadrato
che conduce a un triangolo che conduce a sua volta a un cerchio
che conduce infine a uno stimolo sgradito, come l'esposizione al
calore, si potrà vedere se la mosca "impara" a
riconoscere il pericolo fin dal primo stimolo - il quadrato - o
se arriva fino al cerchio. Si tratterà quindi di verificare
la capacità della mosca di usare la memoria per stabilire
la rilevanza degli stimoli sensoriali. E si tratterà anche
di capire in quale misura i criteri di scelta di ciò che
è rilevante siano innati o vengano appresi sulla base dell'esperienza
del singolo individuo.
I labirinti, veri e non virtuali, sono già stati usati per
analizzare i comportamenti delle api. I ricercatori sono riusciti
a insegnare alle api a scegliere i percorsi giusti marcandoli con
odori o colori. Le api sembrano capaci di apprendere i concetti
di uguale e diverso. Nel caso del moscerino, grazie alla rapidità
con cui le generazioni si susseguono, gli scienziati sperano di
poter identificare i geni coinvolti nelle funzioni cerebrali quali
l'apprendimento e la memoria. Nash è molto ottimista sulle
prospettive della nuova tecnica: «Ci permetterà di
vedere cose che solo un anno fa non avrei mai immaginato di poter
venire a sapere da una mosca».
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