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SE AMI TUTTE LE CREATURE NON ANDARE A SANTIAGO DI COMPOSTELA

Approfondimenti:
Articolo: Una curiosa tradizione iberica: divertirsi facendo soffrire
Articolo: Se ami tutte le creature non andare a Santiago di Compostela
Link: Barcellona ed il Forum universale delle Culture 2004 - basta con la corrida (Promiseland)
Link: Feste con animali in Italia (UNA)



Di seguito pubblichiamo la testimonianza di un viaggio allucinante in Spagna

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Agosto 2003: Santiago de Compostela.

Percorso a piedi di 800 Km. con partenza da St. Jean Pied de Port (Francia) e, percorrendo una orizzontale parallela a tutta la costa settentrionale spagnola, arrivo a Santiago in Galizia.

Quello che già sapevo e volevo fare era boicottare Pamplona crudele (niente pernottamento lì, niente spese, neanche un Euro, cartello esposto sullo zaino) contro la corsa dei tori di San Firmino in luglio, ma...

Quello che non sapevo...

Quello che non sapevo era troppo, anzi non sapevo proprio nulla. Non sapevo che la Spagna del nord fosse così arretrata, mi ero lasciata abbagliare dalla lustra Barcellona restaurata dopo le Olimpiadi; non sapevo che le regioni del nord ( Rioja, Castilla, Leon, Galizia, con l'eccezione della Navarra dove però c'è Pamplona...) fossero come il sud che avevo visitato 20 anni fa.

E come si sa: più arretrata è la mente dell'uomo più gli animali vivono l'Inferno.
E questa Spagna che ho visto giorno dopo giorno, camminandoci dentro passo dopo passo... è proprio un inferno.

Larrasoana: ambiente agricolo, campi coltivati. A causa di un malore di un'amica ci fermiamo all'ombra di una piccola fattoria deserta, ci sono 42 gradi e un sole che ustiona. Dietro l'angolo giù di qualche gradino un cane Husky alla catena, forse un metro e mezzo. S'è arrotolato dentro il filo spinato intorno ad una pianta. Avvicinamento cauto e amichevole in modo da poter togliere il moschettone e srotolare la catena. Che voglia di liberarlo, fargli fare una bella corsa nel bosco! Ma avrebbe preso solo delle bastonate al posto nostro. Ha un bidone di quelli arrugginiti pieno di acqua putrida e pezzettoni di pancetta e lardo maleodoranti e pieni di mosche sparsi qua e là. Gli diamo da bere la nostra acqua della borraccia con le mani. Stiamo a coccolarlo un po', ha voglia di giocare, scrivo un biglietto che appiccico al muro in cui denuncio l'ignoranza di chi detiene un così bell'animale, nordico tra l'altro, in condizioni così penose. Per fortuna ho portato da casa del materiale e delle frasi pronte. Ce ne andiamo.

Cizur Menor: di fianco al Rifugio del pellegrino una casa di campagna, un garage molto ampio e dentro, al buio... un cane alla catena. Un pastore tedesco pelle ossa, solo chissà da quanto. Mi lamento con gli ospitalieri, quel cane è malato. Nessuno sa niente, apro di più il portone, entro nel locale, il cane si alza faticosamente e mi viene incontro con la testa bassa. Nell'angolo in terra c'è una montagnola di mangime secco ma non c'è ombra di acqua. Bottiglietta da mezzo litro e via con le mani a dissetarlo e a bagnargli il muso. Ha voglia di compagnia, sto un po' con lui. Intorno al Rifugio altri tre cani dislocati, tutti alla catena di circa un metro. Il più fortunato è sotto ad una pianta. Ci sono 40 gradi. Mi lamento con i responsabili del Rifugio: dico loro che in due giorni ho già visto di tutto e di più e che gli animali in Spagna se la passano proprio male. Abbozzano qualche debole giustificazione.

E così via per buona parte del percorso, ogni giorno ci sono cani da dissetare, c'è da discutere con padroni che li lasciano al sole senza possibilità di ombra e di acqua. In mezzo alla boscaglia collinosa un rudere funge da riparo ad una decina di mucche. Non ci sono strade, non si può arrivare in auto, non ci sono fonti e la zona è tutta disseccata. Mi viene in mente il prete di Roncisvalle che si dispiaceva di tutta questa siccità: "Sa! Muoiono centinaia di animali". Non gli ho chiesto se gli dispiaceva per quei poveri esseri viventi o per la mancanza di affari degli allevatori. D'altronde se li tieni prigionieri e poi l'acqua non gliela dai. Qui nessuno gliela portava l'acqua alle mucche. Credo non avessero un buon destino.

E lungo la strada cani timorosi, impauriti, coda tra le gambe. Alcuni per un tozzo di pane e una carezza ti avrebbero accompagnato per tutto il cammino. Doveroso pertanto ridurre le effusioni. Ma che palle hanno scritto Paulo Coelho e Shirley Mac Laine sulle orde di cani randagi e ferocissimi che ti si parano davanti ringhiosi e aggressivi? Io c'ero e posso testimoniare: "In Spagna non esistono cani aggressivi! Esistono solo cani percossi, maltrattati, impauriti e malnutriti. E gatti pelle e ossa."

Navarrete: ora di cena, entro a chiedere in un bar ristorante l'ora per mangiare. Non prima di un'ora. La tv è accesa: mostrano una corrida. "Grazie non mangerò qui". Ma fuori, proprio all'angolo c'è un'arena, la stanno bagnando con la canna. C'è anche un container e le bandierine della festa. Questa sera un essere vivente ci lascerà la vita. Per passatempo, per divertimento. Mi viene da vomitare.

Santo Domingo de la Calzada: in ricordo di un miracolo ormai leggenda, in cui sono protagonisti due polli resuscitati, nella pregevole Cattedrale viene esposta in gabbia una coppia di polli ai quali ogni settimana viene restituita la "libertà" di tornare nel pollaio e la coppia viene sostituita. "Perchè altrimenti si annoiano" cinguetta l'ospitaliera del rifugio che sembra un po' avvinazzata. La prego di mostrarmi la camerata e soprassediamo sulle cazzate: " Grazie, non vedrò neanche la Cattedrale se non finisce la stupidata dei polli".

Villafranca Montes de Oca: Il paese mi accoglie con i suoi 40 gradi all'ombra e la visione di due container fuori da un ristorante (i camionisti stavano pranzando) con mucche e vitelli stipati all'inverosimile sotto il sole battente. Ho bestemmiato la mia impotenza.

San Juan de Ortega: vedo un cane, in questo minuscolo paesino di quattro case, con il collare elisabettiano. Allora c'è speranza, qualcuno il suo cane lo cura.

Atapuerca: una bassottina ci segue incessantemente fino al successivo paesino. Alla faccia delle aggressioni canine. All'osteria la conoscono: "Segue sempre i pellegrini, anche a lungo, poi torna a casa".

Terradillos de Los Templarios: se ti metti a scriverne il nome, il paese finisce prima. Tre case. Sala ristorante, corrida alla tv. Chiedo, se possibile, di cambiare canale. Qualcuno mi invita a dare le spalle alla televisione. "No, scusate, non me la sento di mangiare mentre torturano qualcuno alle mie spalle. Però posso mangiare fuori, non c'è problema". Cambiano canale, tanto per loro fa lo stesso (dall'altra parte c'è la versione spagnola di Passaparola. Non mi sembra proprio lo stesso).

Barbadelo: sulla bacheca del rifugio un depliant con foto di tori pronti al massacro con tanto di coccarda, data, ora e luogo della "mattanza". Prima di partire, alle 5 del mattino vi incollo sopra un depliant dell'Associazione UNA scritto in spagnolo contro la corrida.

Melide: ci accoglie la cittadina con la festa del polpo bollito (fiore all'occhiello della gastronomia locale). Grandi marmittoni fumanti e puzzolenti, per le vie e nelle piazze, dai quali vengono pescati gli sfortunati coi forchettoni e scodellati in sacchetti con la loro broda violacea. E per tutto il giorno gente a chiederti "hai già assaggiato il pulpo?" No grazie, non mangio animali. Sguardi "bolliti" e per fortuna qualcuno che l'ha vomitato in camerata. Buon pro!

E intanto si è già da un po' in Galizia dove non c'è limite al peggio. E' la terra degli allevatori. Non ho mai visto tanti capannoni, tante catene e tanti bastoni in mano umana in vita mia. Ho visto cosa costa, in termini di dignità e libertà, la mia tazza di latte ad un essere vivente. Non ho più bevuto latte. Ho visto greggi di pecore dove non ce n'era una che camminasse correttamente: tutte mezze azzoppate, senza erba verde e acqua. Cani da guardia spelacchiati. Vestirò pile il prossimo inverno. Sulle strade almeno la metà dei camion che percorrevano le statali erano per trasporto di animali vivi. Una tortura senza fine per loro e per me che vi assistevo.

E, dulcis in fundo, ti accoglie Santiago ovvero il tripudio della conchiglia "San Giacomo": la capasanta simbolo del pellegrinaggio. Da indossare durante lo stesso, da regalare... da mangiare. La casa, insomma, di un essere vivente.

Dopo una marcia di 28 giorni a questi livelli... basta con questa tortura quotidiana!
Via da questa Auschwitz degli animali.

E se anche tu ami tutte le creature... non andare a Santiago de Compostela. O almeno vacci preparato e dotato di materiale, tanta pazienza e un piccolo prontuario animalista in spagnolo.

P.S. Il cammino l'ha fatto anche San Francesco ma nessuno qui, neanche la Chiesa, sembra ricordarselo più"!


Alessandra Scopelliti