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UNA CURIOSA TRADIZIONE IBERICA:
DIVERTIRSI FACENDO SOFFRIRE


Approfondimenti:
Articolo: Una curiosa tradizione iberica: divertirsi facendo soffrire
Articolo: Se ami tutte le creature non andare a Santiago di Compostela
Link: Barcellona ed il Forum universale delle Culture 2004 - basta con la corrida (Promiseland)
Link: Feste con animali in Italia (UNA)



Pubblichiamo un ottimo articolo inviatoci dalla Spagna da Marc Boillat Sartorio.


Dr. Marc Boillat Sartorio*

Giurista



Torrent (Valenza), agosto 2003: un cane finisce dal veterinario gravemente ustionato. Morirà poco dopo. Alcuni giovani si sono divertiti a legarlo ad un palo, innaffiarlo di benzina e dargli fuoco per vederlo ardere fra ululati di dolore. Il tutto in pieno giorno. Quando la polizia domanda ai presenti se possono identificare gli autori di tale barbarie, nessuno ha visto niente.

Torrent (Valenza), primavera del 2003: una gatta incinta finisce buttata in un rogo in pieno giorno davanti a centinaia di spettatori durante una delle feste popolari estive chiamate “Fallas”. La gatta riesce a fuggire e, nonostante le ustioni, a sopravvivere. Quando gli inquirenti cercano di verificare l’identità dei responsabili, nessuno ha visto nulla, facendo bello sfoggio di omertà secondo il più genuino stile mafioso, anche se alquanto più casereccio.

El Verger (Alicante), agosto 2003, festa del villaggio: un torello di quelli che si usano in queste occasioni facendoli correre spaventati fra una moltitudine aggressiva, muore di fatica. Alla fine dello stupido supplizio, il povero animale rimane lì, fermo per un po', e poi cade morto.

Gata (Alicante), agosto, 2003, festa popolare: un’altra festa demenziale con uso sconsiderato, primitivo, sadico e totemico degli animali. Come è consuetudine in queste feste patronali si suole ricorrere ai torelli, in una patetica emulazione delle corride e degli idolatrati toreri. Alcuni sussurrano motivazioni ben più serie e profonde, che tenterebbero di spiegare la altrimenti inconcepibile fissazione spagnola verso questa specie di animali che rappresentano l’antico simbolo mediterraneo della fertilità maschile.

La gente si getta nelle strade, circoscritte da sicure barriere ed ostacoli, per incitare i poveri animali che, non capendo nulla di ciò che sta accadendo, non hanno altra scelta se non quella di lanciarsi a spron battuto lungo il tragitto marcato con la sola intenzione di fuggire dall’uomo.

In molti spettacoli di questo tipo, è d’uso conficcare palle di materiale infuocato nelle corna dei tori, dato che le loro peripezie per liberarsi del fuoco sembrano divertire oltremodo gli indigeni.

In questa occasione la solita barbarie giunse molto più in là, oltre a ciò che si può ancora cercare di giustificare o di comprendere, sebbene mediante uno sforzo d’immaginazione considerevole. Questa volta non si può fare altro che rimanere ammutoliti o denunciare a voce alta la più grande indignazione. E per fare ciò non c’è bisogno d’amare gli animali; è sufficiente essere persone psicologicamente normali.

Durante la festa di questo Comune conficcarono le fatidiche palle infuocate nelle corna del torello il quale, spaventatosi, cercò di liberarsi dando una cornata ad un palo. A causa del colpo, un corno risultò reciso alla base e, se consideriamo che le corna dei bovini sono innervate, possiamo immaginare il dolore, soprattutto se ci ricordiamo di qualche esperienza dolorosa dal dentista.

Il corno non cadde, ma rimase penzolante facendo si che il materiale infuocato (una specie di pece) ustionasse le guance e gli occhi del torello.

In presa al panico e al dolore, l’animale dette altre cornate qua e là con l’unico risultato di sconquassarsi la mandibola e provocarsi una emorragia nella bocca. Naturalmente, gli spettatori si mostrarono molto divertiti, perché questo inaudito e cavernicolo spettacolo durò dalla sera fino alle 5 del mattino, quando l’animale esausto fu ritirato ed ucciso.

I giorni successivi videro numerose proteste delle organizzazioni animaliste e di molti spagnoli, i manifestanti giunsero anche ad esigere spiegazioni al consigliere comunale della cultura e dello spettacolo. Interpellato sull’accaduto e sul perché le autorità permisero che l’animale soffrisse in tal modo per varie ore, il rappresentante dell’Amministrazione – denotando limitatezza intellettuale – non trovò nessuna spiegazione migliore che dichiarare che non si era potuto far nulla perché il torello era troppo nervoso e non ci si poteva avvicinare. A parte la puerile menzogna, qualcuno suggerì che almeno si sarebbe potuto dar ordine alla polizia di abbattere l’animale, ma noi vogliamo spingerci più in là e chiederci come mai non si siano usati quei dardi che, sparati da un fucile, fanno addormentare gli animali colpiti. Può forse darsi che questo ritrovato tecnologico non sia ancora sbarcato in Spagna?

Gli esempi riportati non sono casi isolati o particolarmente rari. Non sono nemmeno monopolio delle due province riportate (anche se è vero che nel levante spagnolo – Valenza, Alicante, Castellón – esiste una fortissima tradizione di spettacoli di questo tipo con animali). Se volessimo, potremmo riempire pagine di infiniti esempi ancora più atroci nei quali gli abitanti di molte località iberiche si divertono con la morte ed il dolore degli animali.

Naturalmente vi sarà chi dirà che non si può mai generalizzare, ed in parte è vero: esempi encomiabili di civismo, solidarietà e compassione, si trovano sempre, anche nelle società più cruente e rudimentali. Ma è altresì vero che tutto quello che facciamo nella vita quotidiana comporta un giudizio prima ed una scelta successiva. Ebbene, anche verso gli animali facciamo lo stesso: scegliamo di agire, di comportarci in un modo o in un altro ed anche l’indifferenza è una scelta, un modo di atteggiarsi.

In Spagna ci sono moltissimi amanti degli animali così come esistono moltissime persone che, senza essere tali, li rispettano o – nel peggiore dei casi – li ignorano. Tuttavia, bisogna dire che fra questi esempi di normalità la Spagna fornisce anche innumerevoli modelli di indicibile crudeltà la quale, passando impunita ed essendo bellamente tollerata dalle istituzioni e da gran parte dell’opinione pubblica, non può non comportare una certa generalizzazione. Infatti, quando parliamo della Spagna e di ciò che succede agli animali, non possiamo esimerci dall’esprimere un giudizio, dal prendere una posizione, e ciò si fa generalizzando sulla base di quello che più si vede e che più frequentemente succede. Ciò non è dato dagli esempi di civismo ed amore per la natura, ma dagli altri, dalle feste, dagli abbandoni, dai cadaveri di cani o gatti nelle strade spagnole che nessuno ritira e che rimangono lì fino a dissolversi naturalmente come bella mostra dell’insensibilità delle autorità e della gente.

Ammesso e non concesso che la maggioranza degli iberici si fossero ultimamente trasformati misteriosamente in soggetti rispettosi degli animali, non si capirebbe com’è possibile che le istituzioni continuino ad appoggiare e promuovere la crudeltà e la violenza metodica sugli animali. Per esempio, se un consigliere comunale svizzero permettesse la tortura pubblica di un animale significativo per la Confederazione, per esempio un orso, non solo sarebbe criticato e perderebbe l’appoggio di tutti, ma sarebbe anche considerato un pazzo, dovrebbe inoltre  far fronte a serie conseguenze legali e disciplinari.

Invece in Spagna non solo ciò non succede, ma la gente tollera. O approva. Per questo non si può fare a meno di parlare di maggioranza conforme e quindi non si può fare a meno di generalizzare.

Gli inauditi esempi di crudeltà che si perpetrano in Spagna contro gli animali contraddicono e vanificano molti dei grandi sforzi fatti per lasciarsi alle spalle un rozzo ed autarchico passato rurale ancora troppo attuale.

Se si guarda la televisione con spirito critico, si vedranno coesistere la modernità più sfrenata e l’anacronismo provinciale e maschilista più esacerbato. In un telegiornale del 24 di agosto di quest'anno fu possibile rilevare un esempio di simile contraddizione: un reportage parlava – e denunciava con toni moralistici – la pornografia di riviste come “Penthouse” nonché lo squallore delle persone che si avvalgono dei servizi erotici informatici. Il servizio successivo, invece, descriveva con grandi elogi un “encierro” che si stava per celebrare in una cittadina della provincia di Madrid. I cronisti e gli intervistati non mancarono di sottolineare la tradizione e la bellezza di tali spettacoli, arrivando anche a dare consigli pratici per la sicurezza degli eventuali partecipanti.

Non può sfuggire l’esistenza di un doppio standard di valutazione morale ed una ambivalenza pulsionale la cui sopravvivenza nell’attuale società civilizzata rimane un mistero antropologico.

 


LE VARIE FACCE DEL SADISMO

Gli stranieri sono abituati a pensare alla Spagna in termini di flamenco, nacchere, spiagge, bellezze locali e corride.

C’è molto di più in Spagna. C’è cultura, arte, ospitalità, gastronomia, eccetera, ma per qualche strano mistero, queste cose non sono quelle che le stesse autorità spagnole promuovono per pubblicizzare il loro paese – prevalentemente turistico – agli occhi degli stranieri. Al contrario: il cliché è sempre lo stesso da decenni. Per esempio, un programma televisivo taurino della catena statale TVE1, recentemente informava che in un luogo della Spagna l’encierro locale è stato dichiarato “festa di interesse turistico”.

Ecco perché all’estero esiste un’immagine preconcetta della Spagna dove il ballo passionale incarnato dal flamenco si intreccia con le pulsioni più primitive rappresentate dal sangue, dal dolore e dalla morte. [1]

Ne discende un’idea fissa che inquadra le corride come una forma di violenza gratuita e di inspiegabile sadismo verso gli animali, ma che - ad essere oggettivi - continua ad essere lontana dalla realtà, dato che non è l’unica forma di crudeltà esistente in Spagna, né la più cruenta.

Per capire cosa debbono sopportare molti animali iberici, bisogna distinguere tipi di violenza e crudeltà diverse. Se ne possono individuare almeno quattro.

  1. La tauromachia, la forma più conosciuta di martirio di animali e detta anche “Fiesta” nazionale
  2. Le feste con tori (encierros, tori con palle di fuoco, ecc), una triste e brutta copia della tauromachia, sebbene i difensori si sforzino di cercare nella cultura popolare una radice distinta ed autonoma per questa forma di sadico divertimento
  3. Le feste ai danni di altri animali (galline, capre, asini, tacchini, maiali, ecc).
  4. Le crudeltà ai danni di qualsiasi animale (combattimenti di cani, galli).

Quest’ultima categoria è vietata dalle leggi autonome [2], pertanto - in teoria – sarebbe legalmente perseguibile, a differenza delle altre tre che sono forme legittime di divertimento, sempre che si possano far risalire a qualche “tradizione” che fornisca loro la necessaria base “culturale” e godano di regolare autorizzazione amministrativa.

In quest’ultima categoria di atti illegali rientrano i casi innanzi menzionati del cane e del gatto dati alle fiamme, ma abbiamo anche visto come la legge trovi un ostacolo addizionale ed insormontabile nella mentalità della gente, nella filosofia del “io non c’ero e se c’ero dormivo”.

In quanto allo squallido fenomeno dei combattimenti fra animali, la proibizione generale relativa ai cani non deve illudere il lettore, poiché i combattimenti di galli, in certe regioni, sono considerati patrimonio culturale (p.es., nelle Canarie, dove è proibita la corrida ma si fomenta il combattimento di galli).

Ultimamente la Catalogna e l’Estremadura hanno rispettivamente promulgato nuove leggi di protezione animale abolendo fra l’altro questa forma di divertimento. Anzi, la Catalogna è andata più in là ed ha vietato anche il tiro al piccione, un’altra usanza sadica cara a molte persone.

Sul fronte delle corride, la nuova legge catalana ha reinserito la proibizione dell’accesso dei minori di 14 anni alle corride. Questa limitazione, introdotta nel 1998 ed esistente fino al 2000, fu eliminata dalla Commissione di Giustizia del Parlamento catalano, al fine di consentire ai genitori di crescere i propri figli come meglio credono(sic). In ogni caso non si capisce perché si stabilisce il limite dei 14 anni per assistere alla morte violenta in diretta, ma poi si proibiscono i film con vocabolario “osceno” ai minori di 18 anni.

Ma venendo ora alle prime tre categorie di supplizi, ovvero quelle “legittime”, vediamo subito che la corrida classica è la più conosciuta e quella che dovrebbe beneficiare del salvacondotto assiomatico della “cultura” e della “tradizione”.  Sebbene per ragioni didattiche separiamo qui i due aspetti dello scempio che si realizza sui tori, deve restare chiaro che non sempre i due ambiti sono così definiti, anzi si devono mischiare per garantirsi reciprocamente una continuità.

La finalità principale e dichiarata della corrida è quella di mantenere vivo il fattore coesivo dell’identificazione spagnola, anche se ciò non spiega perché questo popolo abbia bisogno di una vittima - al modo dei sacrifici pre cristiani - per dotarsi di una identificazione collettiva. Non è questa la sede adeguata per analizzare la fallacia di questo argomento, ma lo è senz’altro per spiegare che la corrida si svolge in tre fasi, vale a dire che il supplizio del toro passa per tre stadi ben definiti. [3]

La prima fase è quella dei picadores a cavallo. L’immagine stereotipata che tutti conosciamo del toro che esce feroce dal suo toril sbuffando e con aria truce non è che una povera manipolazione dei fatti. Il toro esce correndo e guardandosi attorno non perché cerchi la lotta, ma una via d’uscita al suo inutile dramma. Infatti, prima di liberarlo, gli addetti ai lavori gli impongono la divisa, ossia quella bandierina colorata che vediamo svolazzargli sulle spalle. [4] Ebbene, ciò che non tutti sanno è che la bandierina è composta di un arpione tagliente e perforante di 8 x 1,6 cm che si conficca nella carne del bovino per... “eccitarlo”, diciamo!

Una delle pratiche più segrete che precedono l’entrata del toro nell’arena e destinata a fiaccarlo, è quella di colpirgli i fianchi con pesanti sacchi di sabbia.

Una volta corredato dei suoi colori, inizia un autentico massacro o una “esibizione artistica” eco della sensibilità spagnola. Dipende dal punto di vista.

È interessante notare come tutte le descrizioni della tauromachia si affannano a cercare di impiegare termini astrusi ed arzigogolati presi in prestito dal linguaggio dell’arte per giustificare – e fare dimenticare – la macellazione pubblica di un animale indifeso. Addirittura c’è qualche esperto che descrive questo martirio come un incontro fra “linee orizzontali e linee verticali”. [5]

Durante la prima fase i picadores si fanno carico di ledere i tendini del collo del toro in modo che non possa tenere la testa alta e, quindi, colpire con le sue uniche armi: le corna. Il picador assolve alla sua funzione conficcando nella groppa del bovino, dall’alto del suo cavallo, una punta d’acciaio di 3x2 cm composta da tre fili taglienti e di forma piramidale, facente parte di una lancia di 2,5-2,7 metri. Dopo questo trattamento le spalle del toro sono ridotte ad una moltitudine di buchi di circa 4-5 cm di diametro, dai quali fuoriescono sangue e brandelli di carne. Ma l’animale resiste. E questo è ciò che amano vedere coloro che compensano le proprie inadeguatezze psicologiche per mezzo di patologici spettacoli di violenza reale. [6]

C’è da ricordare che oggi i cavalli sono protetti da una specie di armatura di 30 kg (che comunque non toglie i rischi), ma che prima del 1928 tutto si svolgeva al naturale, vale a dire con gli equini che finivano sbudellati in ogni corrida.

Quando il toro è stato così preparato, inizia il secondo round (gli appassionati non mi perdoneranno l'uso di questo termine, visto che secondo loro la corrida non è equiparabile alla volgare e crudele boxe). Entrano in scena i banderilleros, buffi toreri appiedati che si incaricano di provocare il toro affinché questo carichi e, nel momento adatto, conficcargli nelle spalle delle aste di circa 1 metro di lunghezza recanti a un estremo un arpione di 6x1,6 cm. Gli arpioni da conficcare sono 8.

Bisogna menzionare che, nel caso in cui un toro non voglia lottare, il regolamento taurino prevede la imposizione delle banderillas di castigo, che sono nere e più dolorose (8x2 cm).

La finalità delle banderillas è di preparare l’animale per l’atto finale di tanta patetica esibizione di sadismo esente da rischi, ovvero, l’entrata in scena dell’eroe, del matador inguainato nei suoi collant rosa con quello strano cappellino alla Mickey Mouse ed in compagnia del suo inseparabile spadino, simbolo di un anelo fallico mai coronato e strumento che, nelle mani del piccolo dio-uomo, concede la vita o la toglie a chi non può rappresentare un pericolo.

Quando il toro dà segni di sfinimento (tipica è la lingua a penzoloni) e, soprattutto, allorché non riesce più a mantenere la testa elevata, comincia l’ultima fase, che culminerà con la stoccata della “linea verticale” ai danni di quella “orizzontale”. Si noti che, per legge (art. 80 Real Decreto 145/1996 Regolamento degli spettacoli taurini), è proibito accelerare la morte del toro.

Durante questa fase il torero esibisce il suo repertorio di tecniche ed attrae l’ammirazione e l’invidia del quel pubblico di guerrieri frustrati dalle cui bocche escono dei ritmici “olè”.

L’eroismo ed il valore del mortifero ma policromo personaggio non è tutta farina del suo sacco. Infatti, esistono vari metodi diretti a garantire l’innocuità del toro. Fra essi ricordiamo l’affettato delle corna, la vaselina negli occhi e la miopia congenita di questi animali. Naturalmente, tutti i trucchi che si usano nel mondo delle corride non sono legittimi e vengono condannati dai puristi. Nonostante ciò si usano e, quanto più importante è il matador, più si deve rendere innocuo il toro. Quanto all’affettato delle corna questo consiste in limare le punte 4-5 cm, fino a lasciarne il nervo scoperto. Con ciò si ottengono due effetti: il toro non può più mirare attraverso corna, suo punto di riferimento, e non può nemmeno colpire, pena un dolore atroce.

Alla fine, quando il torero affronta direttamente il toro per dargli la stoccata, davanti all’uomo c’è solamente un bovino disperato e dolorante, impaurito, confuso e sfinito che non sa più che cosa fare né che cosa lo aspetta. Ha fatto divertire un pugno di persone per le quali questo sostantivo sembra essere un generoso regalo ed ha contribuito a far si che, ancora una volta, la Spagna esiti ad abbandonare quel terreno culturale comune solo a pochi paesi sudamericani.

È quindi venuto il momento: il toro fissa con gli occhi obnubilati quel piccolo e strano animale a due zampe che lo affronta. Ha la lingua fuori e il manto inzuppato di sangue. Il dolore dev’essere atroce. L’uomo lo incita ad un ultimo attacco e chi ha visto una corrida può dire con che riluttanza e lentezza il toro si scaglia per l’ultima volta. È allora che il matador compie la sua funzione e fa sfoggio della sua bravura, conficcando lo spadino ricurvo fra spalle del toro fino a perforargli la pleura, i polmoni ed il cuore.

Un’ultima cosa è degna di nota. In tutti i casi in cui un toro entra in una plaza, per legge deve uscirne morto. Pertanto, anche nel caso del toreo comico, una specie di corrida incruenta dove alcuni pagliacci burlano l’animale alla fine, dietro le quinte, il toro viene ucciso, macellato

Questa è l’arte e la bellezza che dovrebbe rappresentare la cultura spagnola che molti artisti d’altri tempi declamarono senza veli e che affascinò personaggi del calibro del guerrafondaio Hemingway: un’ovazione alla morte violenta, al dolore ed al sangue... quello degli altri, si capisce!

 

 

In quanto alla seconda categoria di spettacoli con l’impiego di tori, torelli e vitelli, va detto che sono celebrazioni per lo più rurali nelle quali la folla – e non lo specialista matador  – è incaricata di portare a termine il supplizio del toro.

Esistono svariate feste nelle quali a volte l’animale muore ed a volte no. Per esempio, celebre è la festa dei tori di fuoco, nella quale si conficcano palle di materiale infuocato nelle corna dei bovini e poi ci si diverte vedendoli dare testate e cornate da tutte le parti in preda al panico, o quella dei tori a mare. In quest’ultima ci si burla del toro dal bordo di una banchina. Quindi il bovino carica, ma non potendo fermarsi in tempo scivola e cade in mare da un’altezza di circa due metri.

La festa del toro lanceado o della Vega è molto peggio. Si svolge annualmente a Tordesillas (Valladolid) in occasione della festa della “Virgen de la Peña” (17 settembre). Consiste nel liberare un toro nella campagna e poi inseguirlo a cavallo. Per l’animale non c’è scampo dato che gli inseguitori usano lance e coltelli per ferirlo ripetutamente. L’animale sarà risparmiato se riuscirà a superare una certa linea, ma l’epilogo si può immaginare: il toro cade in ginocchio molto prima e la folla lo finisce e gli taglia i testicoli. A colui fra i partecipanti che ha dimostrato più foga nella persecuzione si concede come trofeo la coda del toro.

Un altro tipo di celebrazioni con uso di tori è quello di Coria (Cáceres) in occasione della festa di San Juan (24 giugno). Qui le gesta consistono nel tirare dardi di tutti i tipi a un toro che deve percorrere così tutto il villaggio finché, completamente insanguinato, si porta all’arena, gli si piantano le banderillas e poi lo si ammazza con un colpo di arma da fuoco e gli si tagliano i testicoli. In verità la recisione di questi avviene mentre l’animale agonizza, analogamente al toro di Garciaz (Cáceres) ed altre celebrazioni nelle quali la castrazione popolare avviene con il toro vivo. [7] L’analogia con la Via Crucis è sorprendente.

È intuitivo il significato dei testicoli per questa gente emotivamente rudimentale, specialmente quando si tiene presente che il toro simboleggia la fertilità maschile.

Altro esempio di ammennicolo identificativo della coscienza nazionale è la festa della “mattanza del maiale”. Coloro che l’hanno vista, testimoniano di una situazione agghiacciante e repulsiva. Ma ciò che è più grave è che i bambini sono invitati ad assistere. In quelle società arcaiche e rozze il bambino che si rifiuta è spesso tacciato di una “mollezza” non adatta ad un uomo e tipica del “maricón” (termine spregiativo per indicare un omosessuale).

A questo punto, e per non dilungarci, vorremmo servirci dell’esempio della regione di Valenza per illustrare come la tauromachia si mischi con gli spettacoli taurini per dotarsi di una legittimazione collettiva di continuità di tanto sadico passatempo. Sebbene i valenzani sostengano che la nascita della tauromachia nella loro regione risalga addirittura a migliaia d’anni fa, alcuni documenti farebbero risalire la tradizione della festa taurina al secolo XI. Ma uno studio rigoroso porta a scoprire che la tauromachia valenzana inizia nel secolo XVIII e raggiunge il suo culmine fra il XIX ed il XX secolo.

Il perché della commistione degli spettacoli tradizionali con la corrida si comprende facilmente poiché senza l’appoggio popolare insito nelle feste di strada, poco a poco l’ambito della corrida vera e propria verrebbe eroso implacabilmente. Infatti, a Valenza, come in altre regioni, una delle basi della sopravvivenza della “tifoseria taurina” è lo spettacolo dei “Bous de Carrer” (tori nelle strade), cruciale nella cultura del levante spagnolo e comune a tutta la Spagna. Questo consiste nel lasciare liberi i tori nel paese o nella città, obbligandoli in un tragitto definito che finisce sempre nell’arena. Famoso è l’encierro di Pamplona. In questo modo si mantiene il contatto fra il toro-simbolo identificativo e l’uomo della strada il quale, probabilmente, non si prenderebbe la briga di assistere alle corride.

Questa forzata continuità delle feste taurine è garantita dalla stessa gente, sebbene si dica che più dell’80% degli spagnoli rifiuta questi spettacoli. Nel levante, per esempio, esistono circa un migliaio di appassionati solo nelle province di Valenza e Castellon. Inoltre, i permessi concessi dall’Amministrazione per la celebrazione degli spettacoli sono quasi 3.000, su un totale di 6.000 spettacoli ripartiti fra le varie modalità (tori di fuoco, encierros, inseguimento di torelli, ecc). [8] Queste cifre hanno indotto la Diputación provinciale (un organo pubblico che riunisce le province) a creare la scuola di tauromachia di Valenza al fine di “garantire la continuità ... e accrescere la persistenza della storia taurina”.

Fortunatamente, nonostante questi sforzi, la spesa di denaro pubblico, i 7.300 encierros annuali, le 4.000 scorrerie urbane di torelli e le 3.500 celebrazioni con tori legati e trascinati, il numero totale degli appassionati continua a diminuire implacabilmente.

 

 



La terza categoria di spettacoli leciti contempla la tortura di altri tipi di animali, diversi dai bovini. Naturalmente, bisogna tenere presente che separiamo i soggetti delle feste solo artificialmente e che, per gli amanti di questi spettacoli e nonostante il toro rimanga il non plus ultra, anche gli altri animali vanno bene.

In questa grande categoria entrano: anatre, conigli, polli, tacchini, capre, asini, maiali, piccioni. Se a ciò aggiungiamo le pratiche illegali delle impiccagioni dei cani da caccia o atrocità come gettare cani e gatti nel fuoco, si può certamente affermare che, eccezion fatta per gli esseri umani, virtualmente tutto ciò che è dotato di vita propria in Spagna può diventare oggetto di tortura e quindi oggetto di divertimento.

Per esempio, i piccioni vengono usati nella “Corrida do Galo” a O Rosal (Orense): si prendono i piccioni, si mettono in contenitori e si ammazzano a pietrate.

A Manganese della Polvorosa, si era soliti lanciare una capra dal campanile della chiesa del villaggio che si schiantava sul marciapiede. A causa di tutte le proteste e di tutta la pubblicità negativa fatta all’estero, da qualche anno si usa un telone affinché l’animale non si spiaccichi per terra. Comunque, è ragionevole dubitare che l’animale esca indenne dall’esperienza.

A Castrogonzalo (Zamora) ogni 17 di gennaio i giovani del villaggio esibiscono la loro abilità a cavallo strappando la testa a dei galli appesi vivi nelle strade. Dal 1992 questa atrocità è stata dichiarata dal Comune “Fiesta Oficial”.

A Comillas (Santander) il 15 di luglio si prendono delle anatre, si strappano loro le ali dopodiché i paesani cercano di catturarle. Nella foga si strappano loro le zampe e la testa.

Potremmo continuare per pagine e pagine, ma gli elementi essenziali dello spettacolo rimangono invariati: alcuni esseri presumibilmente umani, ma in realtà solamente umanoidi che, giustificati dalle loro stesse istituzioni ed autorità, sfogano le proprie frustrazioni sessuali e sociali su una gamma di animali indifesi praticamente infinita.

 


LA QUESTIONE DELLA MENTALITÀ.

È molto difficile cambiare le cose quando ciò che si vuole trasformare è percepito come una trivialità. Com’è risaputo, non si tratta solamente della mentalità della gente, ma di chi, oltre a dettare norme e regole, dovrebbe dare l’esempio. Se si vuole che leggi e regolamenti siano rispettati, i destinatari debbono poter identificarsi con gli obiettivi e vedere coerenza e certezza nel legislatore. Con ciò ci stiamo riferendo esplicitamente all’operato dell’Amministrazione Pubblica. Per esempio, come possiamo attenderci un mutamento in meglio della mentalità collettiva spagnola quando questa è stata sottoposta a scene di violenza reale propinate dalla stessa autorità e dalla cultura nazionale fin dalla più tenera età? Ed anche ammettendo che la stessa Amministrazione sia sincera quando promulga le sue nuove ed encomiabili norme, come si può credere in un cambio genuino di rotta quando ogni estate si possono vedere le strade spagnole disseminate di cadaveri di cani e gatti schiacciati sull’asfalto, come qualsiasi turista può facilmente verificare? In questo caso due sono i gravi problemi, sebbene non siano tanto visibili a meno di volerli scorgere: in primo luogo l’aumento vertiginoso di resti di animali conferma ciò che già sappiamo, ossia che, nonostante le norme, gli obblighi e le minacce di multe, in Spagna si continua ad abbandonare gli animali. Quest’estate (2003) c’è stato un aumento incomprensibile degli abbandoni, che sono saliti a 35.000 da giugno ad agosto, quando la cifra annuale totale si aggira attorno ai 180.000 animali. Una delle cause di tale disastrosa situazione è senz’altro da ricercarsi nel fatto che le norme non si applicano o si applicano senza convinzione o inefficacemente. Ciò conferma ulteriormente il problema della mentalità sopra citato, ossia che esistono certe cose che in Spagna non sono prese seriamente. Una d’esse è la questione degli animali. Se non fosse così, non si capirebbe perché, nonostante sia obbligatoria l’identificazione mediante microchip dal 1995 degli animali da compagnia, ancora non si riesce a colpire chi li abbandona, o come può essere possibile trasferire un cane senza farne il relativo passaggio di proprietà. È pertanto frequente trovare cani abbandonati con un microchip che risale ad un vecchio proprietario e nel frattempo scoprire tre o quattro passaggi di proprietà in violazione delle norme senza che ciò comporti nessuna conseguenza.

Secondariamente, l’altro aspetto che dimostra la quasi totale noncuranza delle istituzioni, oltre ad una evidente negligenza nell’adempimento dei loro doveri istituzionali, è la presenza delle carcasse degli animali sulle strade nella quasi totale inattività dei competenti servizi comunali. A volte, gli animali investiti si trascinano fino al bordo della strada dove muoiono e marciscono. In estate è facile vedere i segni degli investimenti sull’asfalto e le tracce o le scie di sangue che portano puntualmente ad un gatto o un cane putrefatto al margine della strada. Si sono visti sacchi di cellophane contenenti cani di grossa taglia in boschi dove la gente va a fare footing o a passeggiare. Queste cose sono davvero troppo frequenti per un paese che vuole definirsi civile.

Ci chiediamo quindi: se questo è l’esempio imperdonabile che danno le istituzioni spagnole ai loro cittadini, come ci si può attendere un qualsiasi cambiamento reale e consistente del loro comportamento?  


(*) Profilo di Marc Boillat Sartorio:

Laurea in legge in Italia ed in Gran Bretagna. Dottorato con una tesi in antropología criminale psicoanalitica.

Avvocato internazionalista nell’ambito contrattuale e contenzioso internazionale.

Specializzato in diritti degli animali e legislazioni inerenti alla tutela degli animali, prende parte a conferenze e congressi, scrive articoli tecnici e reportages, collaboratore e consulente della Fondazione Altarriba in materia legale e diritto comparato e collaboratore della PSA svizzera. Relatore in seminari sulla protezione legale degli animali all’università di Barcellona. Presidente della sezione giuridica nella conferenza internazionale di Barcellona CIPLAE, organizzata dalla Fondazione Altarriba e moderatore del conseguente dibattito.

Collabora spesso con il Consiglio dell’Ordine dei Veterinari di Barcellona che, con l’appoggio del partito politico ERC, nel 2002 gli conferì l’incarico di redattare uno dei progetti di nuova legge catalana, che è recentemente entrata in vigore.

Direttore di edizione di monografie sugli animali della Fondazione Altarriba, quali: “Cuestión de los Toros”

Ha tenuto una conferenza in Svizzera sulle crudeltà nazionali ai danni degli animali organizzata dalla PSA, ATRA e la Fondazione Altarriba


[1] Sarà sufficiente leggere Lorca ed altri scrittori minori (Carlos Villalba, Carlos Reigosa, Manuel Ríos Ruiz ecc) per verificare come si sentano orgogliosi gli spagnoli di tanta visceralità incontrollata e scalmanata.

[2] Le leggi autonome o “autonomiche” sono norme che appartengono alla potestà legislativa delegata alle Comunita Autonome. Si potrebbero equiparare alla legislazione regionale in Italia, ma in Spagna godono di una competenza più ampia. In Spagna non esiste nessuna legge nazionale di protezione animale, materia delegata appunto alle Comunità Autonome.

[3] Vedasi la monografia della Fondazione Altarriba “La Cuestión de los Toros”.

[4] Per una descrizione delle fasi si veda M. Boillat, “¿Por qué el Toro?” in Animalia nn 107. 108, 109/1999 ed. Reed Business Information

[5] Il giornalista taurino Gregorio Carrochano

[6] Per un’ottima e realistica descrizione di queste “fasi” vedasi la pagina web dell’organizzazione ANPBA (associazione nazionale per il benessere animale): http://www.bienestar-animal.org

[7] Stranamente, esistono pochi libri che raccolgono queste pratiche primitive e sadicamente criminali. Uno di questi è “La vergüenza nacional” di Luis Gilperez Fraile. In ogni caso risulta misteriosamente difficile reperire tale testo.

[8] Dati del 2001. Vedere V. Castro “Las Comunidades Autónomas de Cara a la Tauromaquia” in Altarriba, Cuadernos para dialogar sobre animales: la Cuestión de los Toros.